Tessuti luminescenti, forme umanoidi, colori vivaci creano paesaggi che si dispiegano lentamente e si rimodellano e ricompongono continuamente in mondi nuovi. Tempi sospesi e installazioni di grande impatto visivo definiscono il lavoro di Eszter Salamon che affida il senso alla nostra immaginazione: sono opere extraterrestri? Rituali di antiche civiltà? Proiezioni dal futuro? Se i monumenti sono fatti di materia dura per non farsi scalfire dal tempo, i “monumenti viventi” sono invece pensiero che cambia forma e cerca relazioni tra passato e futuro. Salamon prosegue con questo pezzo una serie iniziata dieci anni fa, questa volta con la compagnia nazionale norvegese e i suoi quattordici interpreti.
Il pubblico assiste a opere d'arte viventi create davanti ai suoi occhi, tableaux provenienti da un altro mondo, da un altro tempo. Le interazioni tra gli artisti non sono più umane. I corpi si incrociano senza toccarsi, muovendo l'intera sala al rallentatore, come prigionieri di una falla spazio-temporale.