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01/09/1986 - 19:00

Teatro Zandonai

Wo meine Sonne scheint / Dove brilla il mio sole

Mechthild Grossmann presenta a Rovereto, in ‘prima’ assoluta, la nuova versione italiana di uno spettacolo “assolo” (regia di HelmutSchäfer) creato in Germania, a Colonia, nel 1984: “Wo meine Sonne scheint”, già presentato anche in una versione francese (“alors, mon soleil brille”) e in una versione inglese (“Where my sun shines for me”). 
Formata all’Actor’s School di Amburgo, dove ha studiato dal ’66 al ’69, Mechthild Grossmann ha lavorato al Teatro di Brema (1969-1973), allo Staatheater di Stoccarda (1973-1975) e alla Schauspielhaus di Bochum (1977-1979). Ha lavorato con alcuni dei maggiori registi operanti in Germania: Klaus-Michael Grüber, Kurt Hübner, Jiri Menzel, Alfred Kirchner, Roberto Ciulli, Helmut Schäfer, Wilfried Minks, Karl Paryla. Ha sostenuto anche una parte in “Berlin Alexanderplatz” di Rainer Werner Fassbinder. Nel ’76 è stata ingaggiata da Pina Bausch per “I sette peccati capitali”. Negli anni successivi ha lavorato soprattutto nel Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch, unica attrice della compagnia, che è formata esclusivamente da danzatori. 
Così ha scritto a proposito dello spettacolo Renato palazzi sul “Corriere della Sera”: ”Davvero una singolare presenza teatrale questa Grossmann, dotata di incredibili virtù mimetiche, capace di passare in un attimo da una specie di giocosità infantile a una durezza tagliente e sgradevole, da una fragilità tenera e disarmata a un’ironia sogghignante, piena di veleno. Giudicata, in un recente referendum, la migliore attrice del teatro tedesco attuale, ha un volto mobile e insondabile, ora dolce e sorridente, ora deformato in smorfie crudeli, e una voce fonda e aggressiva, da cantante di blues, che può assumere intonazioni maschili. 
L’esperienza con la Bausch si avverte, ma come interiorizzata, rappresa in qualche accenno di ripetitività nei gesti, in un certo modo di tagliare lo spazio scenico, nell’uso spietato, cattivo, che fa del proprio corpo per raccontare stati d’animo e sentimenti. Il copione che si è cucita addosso in collaborazione col regista Helmut Schäfer non è forse gran cosa, ma diviene a tratti sconvolgente per la sua personalissima interpretazione. Vi si parla di una donna che confessa le sue angosce e le sue delusioni attraverso piccoli gesti insignificanti, canzoni, cambi d’abito, feroci invettive sui vari tipi di amanti, trasformazioni parodistiche, in una scena vuota arredata solo da un pianoforte e da pochi mobili nascosti sotto teli bianchi, che lei via via scopre. Per raccontare il suo rapporto con immagini maschili che si tingono progressivamente dei toni di un incubo quotidiano ricorre continuamente all’Antigone, ai dialoghi di Antigone con un Creonte evocato come un politico d’oggi, presente attraverso i disegni a gessetto che l’attrice traccia su un muro. Poi, a poco a poco, tra caricatura ed esorcismo, assume su di sé il ruolo maschile, veste abiti da uomo, pronuncia un discorso del politico, mima i gesti di un culturista, di un fascista da film americano. Ma questa distruzione feroce del maschio è anche autodistruzione: alla fine, come nell’Antigone, nessuno resta vivo. Rimane solo la disperazione”.