Oriente Occidente si chiude quest’anno con un omaggio a Lucinda Childs, la regina della danza minimalista americana. Insieme ad artisti quali Steve Paxton, Yvonne Rainer, Trisha Brown, la Childs cresce in quella corrente artistica, nata e sviluppatasi a New York tra gli anni ’60 e ’70, conosciuta come “post-modern dance”. Segue le lezioni di Hanya Holm, Helen Tamiris, Mia Slavenska per poi frequentare il Sarah Lawrence College, dove studia con Bestie Schönberg e Merce Cunningham. E’ nello studio newyorkese di quest’ultimo che incontra Yvonne Rainer, già danzatrice del Judson Group. Intorno alle classi di composizioni tenute da Robert Dunn al Cunningham Studio, si era formato in quei primi anni sessanta un gruppo di giovani danzatori e coreografi d’avanguardia, la cui sede di sperimentazione, frequentata da pittori, musicisti, scrittori e artisti vari, era il Judson Dance Theatre. La Childs vi entra nel ’63. In quell’ambito la danza veniva indagata secondo nuovi punti di vista: estrapolato soggetto e contenuto dell’agire scenico, il movimento era studiato in sé come materiale primario dell’arte, non più necessariamente legata al virtuosismo e ad effetti spettacolari. Azioni ordinarie come la corsa o il camminare acquistavano interesse come vocabolario di una danza che – scrive la critica americana Sally Banes – era considerata tale non più per il suo contenuto ma per il “contesto” nel quale veniva mostrata. Oggetti presi dal quotidiano entravano a far parte delle composizioni e spazi non canonici come loft, gallerie d’arte, strade o chiese divenivano possibili luoghi di rappresentazione. Al di là della peculiare padronanza tecnica, tutti potevano partecipare alle rappresentazioni, secondo un atteggiamento “democratico” dell’arte in linea con la politica di quegli anni.
Le prime creazioni della Childs, degli assolo, seguono l’estetica del Judson Dance Theatre: basti citare i brani “Pastime” (’63), “Carnation” (’64) “Geranium” (’65) “Museum Piece” (’65) o lo straordinario “Street Dance”, nato per una classe di composizione di Dunn nel ’64. Il rapporto con il Judson termina nel ’66 con “Nine Evenings: Theatre and Engineering”, una manifestazione a cui partecipano molti artisti del Judson e alcuni ingegneri dei “Bell Telephone Laboratories”.
Già nel ’68 la Childs aveva iniziato a parlare di “minimalismo”, accezione che verrà accostata sempre più spesso al lavoro della Compagnia. Dalle riedizioni di “Untitled Trio” a “Calico Mingling” (’73), da “Congeries on Edges for 20 Obliques” (’75) a “Redial Courses” (’76) da “Plaza” a “Interior Drama” (’77) la Childs sperimenta questa linea, perfettamente portata a compimento nel ’79 con la creazione di “Dance”, musica di Philip Glass, film di Sol Lewitt. Nei lavori precedenti la Childs non usava alcun accompagnamento musicale, tuttavia la danza seguiva procedimenti costruttivi analoghi ai processi strutturali del minimalismo musicale di artisti quali Glass e Reich, definendosi per infinite minime variazioni di numeri coreografici di partenza. Dal fine degli anni ’70, la Childs, in linea con un’idea pluridisciplinare della creazione, collabora sempre più spesso con artisti di diversa formazione, firmando produzioni complesse su vasta scala.
Fondamentale in quegli anni l’incontro con Bob Wilson, con cui collabora nel ’76 per “Einstein on the Beach”, partecipando come coreografia e performer alla creazione. Philip Glass firma le musiche. Attraverso Wilson la Childs torna allo spazio scenico teatrale e sperimenta una particolare temporalità e spazialità coreografica, in cui il movimento si dilata fino alle sue possibilità estreme.
Dalla sua fondazione ad oggi la Lucinda Childs Dance Company, che ha al suo attivo più di venticinque opere di repertorio, è stata ospitata dai maggiori Festival europei ed americani.
Tra le opere più recenti: “Relative Calm” (’81), “Portraits in Reflection” (’86), “Calyx” (’87), “Mayday” (’89). Nel ’90 è stato riallestito per la IV Biennale Internazionale della Danza di Lione “Dance”.
La Childs propone a Rovereto quattro brani: “Relative Calm”, “Field Dance II”, “Rhythm Plus” il 14; “Available Light”, “Dance I” e ancora “Rhythm Plus” il 15.
In “Relative Calm” l’astrazione pura della danza dell’artista si sublima in una temporalità dilatata e ipnotica che rimanda all’estetica di Bob Wilson, qui autore di scene e luci. “Available Light” è una delle grandi produzioni della coreografa. Messo in scena nell’83 su commissione del Museum of Contemporary Art di Los Angeles, “Available Light” nasce in collaborazione con John Adams, compositore della San Francisco Symphony, con il disegnatore di moda Ronaldus Shamask per i costumi, con Beverly Emmons per le luci e con l’architetto Frank Gehry. E’ quest’ultimo a creare l’originario impianto scenografico giocato sul rapporto tra una piattaforma sopraelevata e lo spazio sottostante. “Dance I” ripropone una sezione del celebre capolavoro minimalista della Childs creato nel ’79. “Field Dance II”, a Rovereto in prima nazionale, è una coreografia ricreata nell’84 dalla Childs in occasione del riallestimento di “Einstein on the Beach” alla Brooklyn Academy of Music. “Rhythm Plus” è una creazione in prima mondiale, su musica di György Lieti e Luc Ferrari.