Che cos’è che non funziona a Seattle, dove le statistiche dicono si trovi la più alta qualità della vita? I Conrad sono, come i Moresby di Il tè nel deserto, agiati, ben fatti e istruiti, inoltre hanno un figlio simpatico e curioso. Bertolucci e Storaro replicano qui il dualismo cromatico che avevano progettato per Ultimo tango e altre opere: il conformismo apollineo si tinge d’azzurro, la scatola dionisiaca ha pareti arancione. Questi due colori e il loro significato emotivo caratterizzano il set di Piccolo Buddha. Perciò Seattle è algida e asettica come l’interno di un obitorio, mentre l’India settentrionale è un trionfo di pitture, decorazioni vivaci, caldi impasti microbici. Questo vuol dire che gli occidentali Conrad sembrano felici ma non lo sono, quanto i miserabili indiani, apparentemente schiacciati dalla sventura, mostrano un’invidiabile serenità interiore. Fin qui tutto è molto ovvio e scontato ma il regista sa che le cose non sono così semplici, perché anche l’Oriente ha le sue pene e cerca di trovare il modo per uscirne. Quindi ripetere la vicenda fiabesca del principe Siddharta Gautama (ca. 565-486 a.C.), detto il Buddha, può servire agli uni e agli altri. Ricorrendo alla tecnica abituale del flashback, Bertolucci svolge davanti ai nostri occhi incantati la lunghissima pezza di lino prezioso che è l’epica formidabile del Risvegliato. Tutto inizia infatti con il “c’era una volta” emblematico dell’apologo del santone e della capretta, dove quest’ultima rivela al primo, pronto a sgozzarla, d’essere stata in una vita precedente un santone che sacrificava caprette agli dei. È in nome della compassione e di una giusta via di mezzo che il principe si fa povero e, lasciata la casa paterna, intraprende il suo viaggio nel mondo. Quasi inutile aggiungere che per il regista, Siddharta è paragonabile a Edipo, a Sigismondo, ad Athos junior di Strategia del ragno o all’ultimo imperatore della Cina. Allora che cosa credere più reale, il variopinto trucco buddista, l’eroe leggendario Siddharta o le funebri riviere occidentali? Bertolucci sembra pensare ancora che il cinema è la vita, come ritenevano i registi della nouvelle vague: se ne deduce che il cinema è un sogno, anzi ambisce ad assumere in Piccolo Buddha lo statuto del lusso supremo, la religione.