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06/05/2007 - 13:00

Auditorium Melotti

La luna

Dopo il complesso di Elettra evidenziato in Ultimo tango a Parigi, Bertolucci torna con La luna al prediletto mito di Edipo. Caterina Silveri, celebre soprano, perde il secondo marito (Fred Gwynne) e da New York si trasferisce a Roma con il figlio adolescente Joe. Questi, trascurato da Caterina, le è morbosamente affezionato, tanto che il suo ricordo più remoto e fantastico è quello della luna, vista una sera d’estate dietro il volto della madre; lei, una volta scoperto che il figlio si droga, e tormentata dal senso di colpa, avvia con Joe un rapporto incestuoso che viene spezzato alla fine dal padre del ragazzo (Tomas Milian). Nel film si ripete il conflitto spaziale di Ultimo tango, fra gli esterni – ampi, luminosi – e gli interni riservati all’inconscio. L’opposizione dentro/ fuori corrisponde a quella notte/ giorno. Il ventilatore a pale roteante sul soffitto della camera di Joe è qualcosa che sta nel cielo, come il disco dell’astro notturno; ma sta anche dentro, come illustra il primo ricordo del protagonista, seduto sul manubrio della bicicletta mentre la mamma pedala nel buio su una strada di Sabaudia, proprio sotto la luna. Quel fondo pallido di bicchiere riluce lassù. Alto/ basso, sopra/ sotto: la luna è una dea, la madre – assimilata alla luna – diventa oggetto di culto. Joe si perde appunto nella ricerca e nella conquista della luna madre, che è una cantante lirica, una signora del belcanto. Le allusioni a Bellini e a un’aria celebre di Norma sono talmente ovvie da celare un tranello. Quella “casta diva” del melodramma è per il figlio inaccessibile e perduta – come vicina eppure lontanissima è la madre del bambino padano in Edipo re di Pasolini. Il volto della madre custodisce il senno di Joe, come la luna ha archiviato quello del paladino Orlando. La luna è memoria, il cinema è la memoria, perciò la luna rappresenta sia il cinema sia la memoria sincretica, cinematografica e intima, dell’autore: tanto per sottolineare quello che sovente i critici gli rimproverano, ovvero un certo narcisismo autobiografico.