Fellini e Rota, Lynch e Badalamenti, Kieslowski e Preisner, Polanski e Komeda. Di collaborazioni celebri fra un regista e un compositore ce ne sono diverse nella storia del cinema. Tra le più atipiche e riuscite c’è senza dubbio quella fra Godfrey Reggio e Philip Glass, iniziata nel 1983 e protrattasi fino al 2002. Koyaanisqatsi ne è il vertice creativo e insieme il risultato più emblematico, tutto speso nella costruzione di una litania visiva e sonora che, abbandonando le strutture del linguaggio cinematografico tradizionale, restituisce una visione planetaria emotivamente intensa. Quando gli Hopi – un’antichissima tribù dell'Arizona – pronunciano la parola Koyaanisqatsi (vita senza equilibrio), intendono riferirsi agli squilibri e alle follie di una vita in degrado che necessita di un nuovo ordine. Ispirato a quest’idea, il film (che ha richiesto tre anni di riprese, quattro di montaggio e post-produzione) mira a raffrontare la maestà della natura - terre, mari, cieli - là dove essa è ancora incontaminata, con le precarie e spesso assurde realizzazioni dell’umanità di oggi, disancorata dai valori più essenziali e naturali, lanciata in una corsa demenziale. Immagini naturali e urbane si susseguono in un montaggio ora accelerato ora rallentato, ritmato dalla musica avvolgente di Glass. L’esecuzione delle musiche dal vivo con la proiezione del film ne fa una delle più riuscite operazione multimediali, coinvolgendo il pubblico in un viaggio visivo e sonoro di grande fascino.
“Fin dalla sua presentazione nel 1983, Koyaanisqatsi ha assunto la dignità di un classico cinematografico moderno. Godfrey e io abbiamo lavorato per un periodo di tre anni all'assemblaggio delle immagini e della musica di Koyaanisqatsi. Si tratta di una collaborazione tra cinema e musica che per intensità non ha precedenti. La mia musica interagisce con le immagini accelerando l'intreccio e confondendo piani sequenza sempre più veloci, grazie a partiture dai ritmi sempre più serrati, e verte soprattutto sui quattro elementi naturali principali, Aria, Terra, Acqua, Fuoco, evocati sotto il profilo visivo in maniera straordinaria”. Philip Glass
“Koyaanisqatsi non si sofferma su un tema in particolare, così come non racchiude un significato o valore specifico. Koyaanisqatsi rappresenta, in effetti, un oggetto animato, un oggetto nel tempo che avanza, il cui significato dipende dall’interpretazione che ne dà lo spettatore. L'arte non possiede un significato intrinseco: in questo sta la sua potenza, il suo mistero e, di conseguenza, il suo fascino. Così, a prescindere dalla mia personale intenzione all'atto della creazione di questo film, sono consapevole del fatto che qualsiasi significato o valore assunto da Koyaanisqatsi si deve unicamente allo spettatore. Il ruolo del film è quello di provocare, di sollevare interrogativi che solo il pubblico è in grado di risolvere. Questo è il maggior valore di qualsiasi opera artistica: non un significato predeterminato, bensì un significato dedotto dall'esperienza dell'incontro. L'incontro è al centro del mio interesse, non il significato. Se il fine è il significato, allora la propaganda e la pubblicità rappresentano la sua giusta forma. Così, nella prospettiva artistica, il significato di Koyaanisqatsi coincide con qualsiasi cosa si voglia leggere in esso: in questo sta la sua grandezza”. Godfrey Reggio