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05/05/2007 - 16:00

Auditorium Melotti

Io ballo da sola

Dopo la morte della madre Sarah, l’americana diciannovenne Lucy Harmon (Liv Tyler) viene mandata dal padre in Italia, presso alcuni amici che vivono nel quadro soave del Chiantishire, dove diventa adulta e consapevole. Girato nell’estate del ’95 in una residenza rurale della tenuta del barone Ricasoli a Brolio (Siena), Io ballo da sola può definirsi un thriller intimista e segna un ritorno dell’autore a dimensioni produttive più contenute. Nei tre film precedenti l’altrove si identificava anzitutto con una geografia esotica e preziosa; qui invece la protagonista lo cerca nella vecchia Europa e nella sobrietà del paesaggio toscano. Il regista ha dichiarato di guardare la Toscana «come fosse il Bhutan, come se si trattasse di un mondo nuovo visto attraverso gli occhi di Lucy, una turista proveniente da un paese lontano, che sta affrontando il viaggio che la porterà a trasformarsi da ragazza in donna. Il paesaggio riflette la forza e la fragilità di questo passaggio». L’incontro-scontro fra culture diverse è il tema dominante della seconda fase del lavoro di Bertolucci, un conflitto formale e psicologico di cui siamo coscienti subito, quando in viraggio seppia scorrono davanti a noi frammenti di cinema verità, come fossero reperti di pittura vascolare greca: parti del corpo di Lucy seduta in aereo, la guida tascabile, un dipinto senese, una miniatura indiana. Il tutto colto con voluta e apparente casualità, in campo medio, con gusto da entomologo della globalizzazione. Un taglio di ripresa che forse proviene dal talento neogotico del suo nuovo direttore della fotografia, il franco-iraniano Khondji (Seven). Tuttavia le scelte cromatiche non cambiano e il percorso di Lucy è contrassegnato dalle sculture rosse di Matthew Spender e dalle olivete plumbee. Bertolucci dispone di un cast invidiabile, vario e di alto livello, da Irons a Jean Marais, da Cecchi a Stefania Sandrelli, ma la qualità degli interpreti è smorzata e talvolta annullata da una scenografia così estetizzante da diventare opprimente. Chiarisce l’autore: «Queste persone vivono in un luogo piuttosto isolato, circondate e invase dalla bellezza. Non solo dalla bellezza della protagonista. Parlo della bellezza in un senso più complesso. La bellezza di un paesaggio che è stato lo sfondo di molti capolavori della pittura dall’undicesimo secolo in poi». Il compiacimento estetico forse è il difetto principale di Io ballo da sola, un’opera elegante e troppo ermetica che mostra i segni evidenti di un’involuzione creativa.