Giovane interprete e coreografa formatasi alla School of Contemporary Dance di Londra e all’ European Dance Development Center di Arnhem in Olanda, l’anconetana Rebecca Murgi appartiene all’ultima generazione della danza contemporanea italiana. Il suo stile di movimento, concreto e tattile, attento al dettaglio e al lavoro muscolare, è il risultato di una ricerca sulle tecniche del corpo che ha alle spalle un’esperienza decennale nella ginnastica ritmica. Consapevole dell’espressività potenziale del movimento di danza indagata attraverso contrasti di tensione e di energia, la Murgi sviluppa i suoi spettacoli tra spunti autoreferenziali e temi generali legati alla natura e alla storia dell’uomo.
Avventuratasi nella danza in seguito a un illuminante seminario con il belga Wim Vandekeybus, la Murgi ha firmato la sua prima coreografia nel ‘95 per il diploma al Centro di Arnhem, scuola che dà grande spazio alla creatività degli studenti e che si struttura per cicli di workshop su tecniche come la contact-improvisation di Steve Paxton e il release di Trisha Brown. La Murgi vi esordisce con l’assolo Magnum Miraculum. Una sorta di scherzo tra l’io e un corpo danzante che si arrotola e srotola con divertito stupore sui suoni onomatopeici della colonna sonora e sulla voce dal vivo della Murgi, impegnata in ironici monologhi tra lingua e dialetto.
Prima di passare alla sua prima creazione di gruppo - Physis del ‘98 - , la Murgi realizza nel ‘96 per sé e per Cristina Rizzo del gruppo Kinkaleri il sofisticato duetto Focus on L. Traendo ispirazione da testi di Leonardo Da Vinci e avvalendosi di immagini video che mettono in evidenza il corpo nella sua duplicità fisico-mentale, la Murgi usa la danza e l’impaginatura scenica per dimostrare l’attualità del pensiero del maestro rinascimentale. Si balla in bilico su un trapezio da palestra, il fisico sospeso a mezz’aria in modo che se ne evidenzi l’organicità, ci si sofferma su parti del corpo, concentrandosi sulle potenzialità di movimento e di espressività a queste legate, si articola il rapporto tra gli interventi delle due interpreti giocando sul contrasto ossimorico tra meccanicità e volo poetico. Interventi sostenuti dalla ricca partitura di Francesco Pirro, tra suoni campionati e rielaborati al computer e armonie di ascendenza classico-sinfonica, e testi leonardeschi registrati fuori campo. Fondamento per danzare l’occhio come “finestra dell’anima”, il cuore come “vaso di denso muscolo”, la forza come “virtù spirituale” e “potenza invisibile”.