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05/09/1994 - 19:00

Rovereto - Teatro Zandonai

El Jardiner

Gelabert Azzopardi compagnia di danza, El jardiner

Un vero capofila della danza contemporanea spagnola, tanto che la Biennale di Lione del 1992, intitolata “Pasiòn d’Espana”, lo volle immagine guida dell’intera manifestazione. È Cesc Gelabert, nome non nuovo anche per il Festival Oriente Occidente. Con una suite trascinante di soli fu infatti uno dei protagonisti chiave dell’edizione 1988, dedicata alle culture del bacino del Mediterraneo. Quest’anno torna a Rovereto con la sua ultima produzione, firmata a fine ‘93 in omaggio al centenario di Joan Miró.
Il percorso di Gelabert prende il via agli inizi degli anni ’70, quando quella che più tardi sarebbe stata definita “nueva dansa” in analogia ai fenomeni francesi e italiani, era ancora una realtà tutta da inventare. È chiaro fin da allora che per Gelabert la coreografia nasce a stretto contatto con le altre arti. Non a caso l’inizio della sua collaborazione con il pittore Frederic Amat, che perdura tutt’oggi, risale proprio a quei primi anni ‘70. dopo il classico volo a New York per perfezionare una tecnica cresciuta in patria alla scuola di Ana Maleras, torna a Barcellona nel 1980, cominciando a lavorare con Lydia Azzopardi, danzatrice  e coreografa inglese con cui fonderà nell’86 la compagnia Gelabert-Azzopardi. Tra le loro creazioni più celebri, “Requiem de Verdi” dell’87 e il fortunato “Belmonte”, brano dell’88 rimontato in un nuovo allestimento per Lione nel ’92, che si ispira alla figura del leggendario torero di Siviglia Juan Belmonte (nato nel 1892 e morti suicida nel 1962), un vero e proprio mito per la Spagna. E se con la coppia Gelabert-Azzopardi si sono formati moltissimi giovani autori emersi tra gli anni ’80 e ’90, è anche perché il duo ha saputo fondere con grinta e passione contemporaneità di linguaggio e memoria della cultura del proprio paese.
Per il nuovo spettacolo dedicato a Joan Miró, Cesc Gelabert e Lydia Azzopardi (coautori delle coreografia) hanno collaborato con il già citato Frederic Amat per scene e costumi, con Carlos Miranda per la musica e con l’Orchestra da Camera del Teatre Lliure, diretta al debutto da Josep Pons.
“Las miradas son semillas, mirar es sembrar, Miró trabaja como un jardinière” (Gli sguardi sono semi, guardare è seminare, Miró lavora come un giardiniere). Da questa immagine di Octavio Paz, Gelabert trae lo spunto per il suo omaggio coreografico a Miró, intitolato “El Jardiner”. “Non ho voluto – spiega Gelabert – riprodurre un quadro di Miró, ma tentare di capire la maniera di guardare e di giocare con la realtà di Miró per introdurlo poi nel mio mondo creativo e in quello degli artisti che collaborano con me alla ricerca di questo orto interiore”.
E questo orto interiore si ricollega a Gelabert a quell’idea di paradiso originale che tutti portiamo dentro. “Uno spazio – continua – che ci permette di camminare nel mondo e di vederlo in un’ottica positiva, anche se non sempre ottimista. Uno spazio che si ricollega all’ingenuità dell’arte negli anni ‘20, senza dimenticare l’oscurità che accompagna sempre l’opera di Miró”. Da questo approccio onirico e interiore, nascono i personaggi-simbolo del giardino mediterraneo di Gelabert. “Potrebbe rappresentare – dichiara sempre l’autore – la scomposizione dello spettro solare in vari colori e forme di energia. Nel finale si uniscono, creando creazioni coreografiche”.
Anche Frederic Amat non si è accostato a Miró per firmare con scene e costumi una evocazione “mimetica” dell’opera del pittore. Piuttosto le scelte sono state motivate dai suggerimenti dei diversi caratteri dei personaggi del giardino: la rosa, il rosmarino, l’olivo, il melograno e, naturalmente, il giardiniere…
Infine la partitura di Carlos Miranda. “La musica si ispira al processo creativo di un pittore – scrive il compositore – per cui dalla realtà-modello si estraeva una realtà stilizzata. La musica segue un processo simile, rivelando solo al finale il “modello” che è stato musicalmente “dipinto”: una sardana” (ballo di origine catalana).
                                                                                                                

Coreografia di Cesc Gelabert