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04/09/1993 - 19:00

Rovereto - Teatro Zandonai

Westwest

Liz King, West West

“Dietro di noi c’è l’est, davanti a noi c’è l’ovest, o è viceversa? E’ determinante la direzione in cui ti muovi, non finisci sempre nello stesso posto? Ci sono quelli dell’est che vorrebbero andare all’ovest, c’è l’ovest che vuole raggiungere l’est, come due onde gigantesche. Da qualche parte si incontrano, là non c’è movimento. Vita e morte”.  


Con queste parole la coreografa inglese Liz King, succeduta a Johann Kresnik nella direzione del Heidelberger Ballett nel 1989, introduce “Westwest”, lo spettacolo presentato in prima nazionale a Rovereto. Nata nel ’47 a Salisbury, in Inghilterra, la King si forma alla Royal Ballet School di Londra. Entra a vent’anni nello Stuttgart Ballet, allora diretto da John Cranko, per poi tornare a Londra per lavorare con un gruppo di attori. Balla con il Ballet de Wallonie per due anni, prima di trasferirsi a Vienna nel ’77. Qui firma coreografie per la Wiener Staatsoper e per il Tanzfestival della città. La fondazione del Tanztheater Wien risale all’82: due anni dopo è già disegnata come la più interessante autrice contemporanea della scena austriaca. Firma tra gli altri “Mid.Atlantic” (’82), “Wien, Wien, du bist allein” (’84), il freudiano “Ein Haus im Garten” (’87). Danzatrice e coreografa dalla solida formazione classica, è autrice di spettacoli formalmente strutturati con tecniche di montaggio debitrici al “tanztheater tedesco”, ma in cui sono evidenti scelte di linguaggio dalla frequente impronta accademica. Nel suo testo dedicato al tanztheater, il critico Jochen Schmidt riporta a questo proposito alcune espressioni della stessa King, risalenti al periodo in cui assunse l’incarico di direttrice del Heidelberger Ballett: “Scopro per me nuove strade nel vocabolario del balletto, senza usarle nella terminologia classica… Il mio lavoro sul balletto ha come scopo di renderlo uno  strumento flessibile e trasparente, di liberarlo dai cliché…” A Heidelberg nascono “Die Gegeneinlaudung” (’90), “Ikarus Meets Newton” (’91), “Westwest” (’92), “Der Knacks” (’93). Coreografa particolarmente attenta alle problematiche politiche e sociali che stanno rivoluzionando l’Europa di fine secolo, Liz King è considerata dalla critica tedesca tra i coreografi contemporanei di maggiore impegno. Del suo ultimo spettacolo “Der Knacks” la Frankfurter Allgemeine Zeitung dice: “sembra essere una delle rare opere coreografiche che riescono a conciliare dichiarazioni politiche con un'estetica convincente”. Nel libretto di presentazione a “Westwest”, firmato da Vilém Flusser e ricco di citazioni da Kafka, Beckett, Baudrillard, Hugo, Milosz, Sugawara no Michizane, l’argomento principe è l’inquietudine contemporanea tipica di un mondo in cui l’uomo non riesce più a riconoscersi. La fine delle certezze è resa attraverso la metafora di un viaggio continuo. “Siamo nel trasferimento – si legge nel testo – perché il nostro mondo si trasforma fino all’irriconoscibilità, perché è diventato insolito e di conseguenza inabitabile”. Si parla di migrazione come di un fenomeno che ha il potere di sincronizzare storie diverse: “il tempo mistico degli indiani e il tempo magico di chi viene dal Nord Est”. L’esilio sembra essere l’unica condizione che può proteggere dal cambiamento (“solo gli esiliati hanno una terra” – scrive Jean Baudrillard). A partire da questi temi, Liz King costruisce uno spettacolo denso, complesso. In mezzo una larga zona di pavimento su cui al centro sono disegnate strisce autostradali. Una montagna di valigie, un uomo di kantoriana memoria con lungo paltò e cappello che scivola sulle ginocchia e sulle mani, donne e uomini in abito da sera, personaggi a torso nudo, ragazze in vestito corto: gente di ogni genere (simbolo di quel frammischiarsi di razze e costumi tipico del nostro tempo) è accomunata dalla medesima fretta di allontanarsi, di scappare. “Il tremendo della migrazione attuale – si legge sempre nel testo di presentazione – è ancora qualcos’altro, cioè il fatto che i neonati con le pance gonfie dalla fame, questa umanità futura, avanzino nella stessa direzione nella quale noi scappiamo”. Gambe rabbiosamente slanciate verso l’alto, mosse frenetiche del torso, per una danza che riesce a comunicare l’assunto di partenza. La King attraverso il suo segno lancia il messaggio finale contenuto nel testo: “Dobbiamo imparare a riconoscerci nel futuro che ci insegue”.

Coreografia di Liz King
Scenografia di Manfred Biskup
Costumi di Rosemary Kaye
Musica di Ivan Hajek
Interpreti Esther Balfe, Catherine Guerin, Mafumi Ishikara, Gilys Komová, Barbara Sternberger, Elizabeth Sykora, Edward Clug, Carlos Cortizo, Michael Dolan, Osman Khelili, Eldridge labinjo, Nicola Melita, Sergiu Moga, Teck Voon Ng, Hans Gubo
Direttore tecnico Harald Gork
Luci di Roland Edrich
Suoni di Andreas Legnar
Trucco di Heike Schröder, Daniela Ort
Coordinatore Uwe Stöckler