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01/09/1991 - 19:00
02/09/1991 - 19:00

Teatro Zandonai

Vestigia di un corpo

Come ogni anno gli Incontri Internazionali di Rovereto aprono la programmazione con uno spettacolo firmato da un coreografo italiano e coprodotto dal Festival. Per l’edizione ’91 la scelta è caduta su Paco Dècina, giovane artista napoletano residente da alcuni anni a Parigi e fondatore della compagnia Post-Retroguardia. 
Dopo le prove coreografiche “Palm trees on Colva beach”, “Carnet de Voyage”, “Myself and I”, Decina firma nell’87 quello che considera il suo primo vero spettacolo “Tempi Morti”. Con questo lavoro, già indicativo della sua particolare poetica, vince il primo premio per la coreografia alla Ménagerie de Verre di Parigi. L’anno seguente crea “Circurmvesuviana” conferma il talento coreografico di questo giovane autore che, pur avendo scelto di vivere il Francia, non dimentica certo le proprie origini nel guizzo brillante delle sue creazioni. “Ombre in rosso antico” (’89) e “Scilla e Cariddi” (’90) sono i lavori più recenti. 
Per “Vestigia di un Corpo”, la produzione presentata in prima assoluta a Rovereto, Dècina non vuole dare spiegazioni troppo precise o “riassuntive”. “Mentre nei primi spettacoli c’erano delle storie facilmente leggibili, col tempo sono passato ad una dimensione più pittorica, inconscia. Con “Vestigia” vorrei riuscire a portare lo spettatore in un altro mondo di emozioni, facendogli vivere un suo viaggio intimo. 
All’origine di questa nuova creazione c’è inoltre l’idea di corpo come depositario della memoria di tutti i corpi, di tutte le epoche. Procediamo dai tempi preistorici per stadi, per cicli di evoluzione rispetto ai quali l’uomo tende per natura ad accumulare, ad aggrapparsi a quello che già esiste, come se volesse bloccare il processo di avanzamento. Oggi siamo forse ad un altro scalino dell’evoluzione e l’uomo sociale sta vivendo in una tale sclerotizzazione che penso ci sia bisogno di affermare qualcosa di meno materialistico”. Scrive Dècina: 
  

“Quand on oublie le corps, ce corps qui nous trahit, dans l’obscuritè, seuls, dans les souvenirs qui ne nous appartiennent pas, le silence comblé de flammes, les jambes cassées les coeurs ouverts et on se réveille c’est alors qu’on les retrouve.” 

  
Queste vestigia ritrovate, queste tracce riemerse del tempo sono motivo di un’ambientazione in cui – dice ancora Dècina – “la solarità è mediata dall’inevitabile”.