Messaggera nel mondo della vivacità della produzione di danza contemporanea in Israele, Vertigo Dance Company sonda da due decenni l’uomo e le sue manifestazioni attraverso il corpo e la danza. Fondata nel 1992 a Gerusalemme da Noa Wertheim (formatasi al Rubin Academy of Music and Dance di Gerusalemme e successivamente danzatrice presso la Jerusalem Tamar Dance Company) e da Adi Sha’al (ex-danzatore Batsheva Ensemble), Vertigo si presenta come un’imponente compagnia d’autore capace di coniugare una danza vibrante, energica e sinfonica a temi impegnati e a visioni surreali.
Il nome della compagnia deriva dalla prima pièce che Wertheim e Sha’al - compagni di vita oltre che d’arte - hanno creato insieme agli inizi della loro carriera d’autori: un duetto, intitolato appunto Vertigo, ispirato dalla prima esperienza di volo di Adi Sha’al durante il suo addestramento nell’aviazione israeliana. Al centro della composizione l’indagine del roteare e dell’avvitamento nello spazio che conduce alla perdita di controllo applicata sia al singolo sia alla partnership.
Da allora la loro ricerca non ha incontrato battute d’arresto: insieme hanno inanellato una quindicina di produzioni spinti dal desiderio comune di sondare sempre nuovi territori, di lavorare intorno ai concetti di comunità ed ecologia, mantenendo fede all’approccio olistico e spirituale che li contraddistingue. A loro infatti si deve una scuola a Gerusalemme che offre programmi di formazione per danzatori e percorsi per diversamente abili e la nascita del Vertigo eco-art village, una foresteria, nonché struttura formativa, nella zona rurale tra Tel Aviv e Gerusalemme.
Con Vertigo 20, lo spettacolo che celebra la parabola artistica ventennale coprodotto da Napoli Teatro Festival nel 2013, ripercorrono il tempo della ricerca e della creazione costruendo un luogo immaginario, al tempo stesso intimo e teatrale. Un rituale che è anche collage di sequenze di spettacoli del passato costruito intorno al tema della gravità sfidata anche grazie a un’originale scenografia con pareti a ripiani sui cui i corpi dei dodici danzatori si posano come uccelli. “Un processo rituale - lo definisce Noa Wertheim - di una spettacolare clessidra che misura il fluire del tempo”.