«Degli italiani si parla diffusamente, forse più che degli altri popoli mediterranei: della loro indole mediterranea o del temperamento esuberante, del fatto che passano facilmente dalla gioia allo scoramento, dallo scherzo all’ira.»
Predrag Matvejevic, Breviario Mediterraneo
Ispirato alle diverse forme di taranta, Taràn è in primo luogo un viaggio di apprendimento, o di iniziazione a qualsiasi tipo di rinascita. Il sud d’Italia è lo sfondo immaginario di questo incontro: il rito come medicina simbolica a una suggestionata partecipazione.
Fin dalla scena iniziale il lento movimento circolare che lascia in primo piano il canto più che qualsiasi altra cosa, invita a una più pura e devota apertura dei sensi. Le proiezioni di danze su vasi arcaici accompagnate da veloci passaggi di ragni incorniciano gli interpreti in variazioni solistiche anche in linguaggi di movimento contemporanei, e sembrano voler raccontare la pizzicata della taranta come qualcosa che emerge, che sale e si espande, si contagia lentamente all’intero corpo. L’interessante ricerca iconografica alle spalle, dello studioso Antonio Infantino, e i più estemporanei effetti visivi e di montaggio, sono accompagnati anche da un ulteriore piano poetico, quello di una improvvisa voce recitante, per niente didascalica; così come gli interventi sonori, di vasto repertorio popolare, prevedono anche momenti rumoristici e mimetici, assai efficaci per descrivere un tarantolismo del corpo pieno di orrore e magia.
Nella seconda parte dello spettacolo i passi della Pizzica salentina, delle Tammurriate campane, della Tarantella calabrese e del Gargano e i giri vorticosi dello Zar egiziano e delle danze Sufi si accordano a un gesto organizzato molto semplicemente, quasi spontaneo nella sua corsa ritmica. Il morso simbolico della Taranta è al contempo veleno e antidoto della danza sfrenata che provoca: ripetizione ossessiva e frenesia dei passi riconducono lo spettatore meno disincantato a una idea pur immediata di ritualità antica, che difficilmente riuscirà però a liberarsi di tutte le sue più nuove maschere.
Maristella Martella inizia con studi di danza classica e contemporanea; una sua più autentica tensione verso la dimensione didattica e la passione per le danze dei paesi del Mediterraneo la portano a studiare non solo tecniche di teatrodanza, ma anche della ricerca teatrale non meno che quelle della composizione coreografica per le danze d’espressione folcloriche e tradizionali, con residenze in Marocco, Tunisia, Grecia, Albania, Etiopia e Maghreb. Nel 2001 fonda, con Eugenio Bennato a Bologna, la prima scuola di Tarantella, Taranta Power e, nel 2009, in Salento crea Tarantarte, centro di produzione e formazione danze del Mediterraneo. Si deve a lei e al suo gruppo la prima partecipazione ufficiale della rivisitazione della danza nell’ambito del Festival Notte della Taranta 2009; è danzatrice solista del Festival Notte della Taranta 2010 diretto da Ludovico Einaudi con cui collabora per la tournée 2011 con l’orchestra Notte della Taranta al Barbican Center di Londra e all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
www.tarantarte.it