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01/09/2004 - 19:00

Rovereto - Piazza del Polo Museale, Mantova - Castel San Giorgio

Stories of Gravity and Transformation

Amelia Rudolph, Stories of gravity and trasformation | ph Rich Corey

Quando Amelia Rudolph crea uno spettacolo, il suo palcoscenico sono le montagne o le pareti impervie degli edifici, il suo décor l’immenso azzurro del cielo e, al posto del suolo, divenuto un vago ricordo, il suo ‘riferimento’ è il vuoto.
Direttrice artistica della compagnia Project Bandaloop fondata nel 1991 a Oakland in California, Amelia Rudolph è coreografa e danzatrice formatasi a Chicago da Ellis Duboulet e Lou Conte, alla Hubbard Street Dance Company, con Mark Morris e Sarah Elgart che, alla passione per Tersicore, ha aggiunto nel 1989 il fascino delle scalate e della conquista delle vette. La sua arte è frutto del prodotto di contaminazione tra danza, sport, rito e consapevolezza dell’ambiente e si ispira alle molteplici possibilità legate allo scalare, alla verticalità, al libero volteggio nel vuoto. Leggendaria la performance realizzata con sette suoi danzatori-free climber sulle montagne della Sierra Nevada nel 2001: un viaggio a 1200 piedi di altezza, da Twin Lakes a Hetch Hetchy (Est-Ovest) della durata di tre settimane, fatto danzando. Il risultato di questo rigorosissimo work in progress è stato chiamato Stories of Gravity and Transformation, successivamente adattato a differenti realtà naturali e persino al palcoscenico, dove un video multimediale e una colonna sonora accompagnano le evoluzioni aeree dei performer. È questo lo spettacolo che Oriente Occidente ospita in prima europea quest’anno e che lascerà il pubblico con il naso all’insù e il fiato sospeso.
Non è certo un genere nuovo quello della danza verticale e dell’abbinamento del gesto atletico al movimento coreografico, ma a differenza degli esperimenti degli anni ’70 -’80 di Trisha Brown che in Walking on the Wall (1974) opponeva il movimento naturale alle legge di gravità costringendo i suoi ragazzi a danzare paralleli al pavimento imbragati e appesi a delle colonne o di Sankai Juku che nei primi anni ’80 professava il ritorno al primitivo e l’ispirazione alla pittura preistorica portando i danzatori a stare a testa in giù sospesi in aria per ore (Homage to Pre-History, 1984) o, in tempi più recenti, a Elizabeth Streb – altra ospite di questa edizione del Festival – che lavora sulla ‘messa in pericolo’ del danzatore, Amelia Rudolph aggiunge al lavoro sul movimento il senso sportivo dell’arrampicare e la consapevolezza dell’ambiente naturale in cui è inserito. Il risultato, come scrive il San Francisco Chronicle, ‘è una nuova definizione di libertà’ in cui la danza, il movimento armonioso e tecnicamente perfetto non perde di specificità bensì acquista valore nell’assenza di gravità.

Coreografia di Amelia Rudolph
Ideazione e direzione Amelia Rudolph
Coreografia in collaborazione con i danzatori Heather Baer, Melecio Estrella, Suzanne Gallo, Rachael Lincoln, Amelia Rudolph, Mark Stuver, Kimm E.Ward
Musica originale dal vivo Zachary Carrettin, violino e Raymond Granlund, pianoforte e percussioni
Video Greg Bernstein
Arrangiamento e audio Raymond Granlund Rigging Thomas Cavanagh, Steve Schneider
Direzione tecnica Thomas Cavanagh Costumi Mario Olonzo
Amministrazione Amanda Moran
A Rovereto durata 45 minuti con musiche dal vivo e proiezioni video

prima europea