Oriente OccidenteOriente Occidente Logo
11/09/1987 - 18:00

Teatro dei Licei

Solo in Silence

Dana Reitz, Solo in Silence

Dana Reitz inizia la sua carriera di coreografa nel 1973, dopo aver danzato nella compagnia di Twla Tharp e in quella di Laura Dean. Ha inoltre studiato la tecnica di Merce Cunningham e la disciplina cinese Tai-chi-Chuan. Nel ’76 partecipa a Einstein on the beach, di Robert Wilson e Philip Glass. Nel ’78 danza con Andrew de Groat e con Elaine Summer.
Dal ’77 il suo stile coreografico si consolida secondo una connotazione personalissima. E’ l’anno in cui crea l’assolo Journey:  Moves 1 Trough 7, un’evoluzione di frasi di movimento svolte lungo un’unica traiettoria. L’anno successivo compone Journey for two sides: A solo Dance Duet, dove con l’ausilio di immagini video trasmesse da due monitor trascrive gestualmente un dialogo tra quelli che la stesse Dana descrive come gli aspetti “logici” e “intuitivi” dell’ io. Sempre nel ’78 crea Phrase Collection, una serie di nove frasi coreografiche e ciascuna delle quali viene assegnata una differente situazione spaziale. Il suo discorso sul movimento astratto, che si evolve attraverso minuziose progressioni di gesti svolti su canoni di ripetitività che si accumula (e che accumulandosi si trasforma), prosegue con Steps 1979, 4 Score for Trio 1980, Sigle Score, Working Solo 1980. Nei suoi lavori anni ottanta, e in particolare nel suoi celebri assoli sul silenzio, Reitz definisce con sempre maggiore coerenza la propria fisionomia di performer. Danzatrice intellettuale e tipicamente “wilsoniana”, capace di un movimento ipnotico e rarefatto, ha messo a punto una tecnica d’improvvisazione squisitamente originale, lavorando sempre su una struttura coreografica di base, all’interno della quale tende a concedersi un raggio di libertà limitata. Ininterrottamente, senza mai brusche rotture, con un forte senso (mistico) della “trascendenza” del corpo, Reitz, nei suoi assoli silenziosi, fa respirare il movimento e la danza in un’interiorizzazione gestuale che sembra voler far coincidere la nozione di creazione coreografica con una personale nozione di “flusso di coscienza”.
La sua danza pare attingere a piene mani dalla tecnica cinese del Tai-Chi-Chuan: concentrazione estrema, coscienza del centro del corpo come punto motore di tutti i movimenti, immedesimazione nello spazio, profondo isolamento, autoanalisi condotta attraverso una sublimazione di energie e di linee dinamiche che precipitano nel silenzio.

di e con Dana Reitz

Prima nazionale