La vocazione di Oriente Occidente di guardare indistintamente a Est e a Ovest e alle intersezioni di questi due poli trova quest’anno nell’ospitalità di Shen Wei Dance Arts, compagnia newyorkese guidata dal geniale coreografo cinese Shen Wei, la più innovativa e acclamata fusione di queste culture.
Il trentacinquenne Shen Wei ha studiato, dall’età di nove anni, l’opera cinese lavorando dal 1984 al 1989 per la Hunan State Xian Opera Company, la compagnia che conserva una tradizione ancora più antica dell’Opera di Pechino.
Successivamente entra a far parte della Guangdong Modern Dance Company, la prima compagnia di danza contemporanea cinese per la quale dal 1991 al 1994 è anche coreografo.Vinta una borsa di studio al Nikolais/Louis Dance Lab nel 1995 si trasferisce a New York, città dove si permea di cultura tersicorea occidentale. Nel 2001 fonda nella Grande Mela la Shen Wei Dance Arts, un ensemble che riflette in pieno la poliedricità del suo direttore (che è coreografo, danzatore, designer, pittore, regista) e la cui espressione artistica presenta una ricerca originale di movimento, una spiritualità tutta orientale, una scelta di temi, musiche, spazi capaci di creare un ibridismo unico tra Est e Ovest. Ne è testimonianza la scelta di mettere in scena una rinnovata Sagra della Primavera, capolavoro di Stravinsky legato all’esperienza parigina dei Balletti Russi di Diaghilev.“Ascoltai – ricorda Shen Wei – la Sagra di Stravinsky per la prima volta in Cina nel 1989. Fui affascinato dalla ricchezza e dalla forza evocativa di questa musica. Per i successivi dodici anni ho continuato a sviluppare un interesse nei confronti della partitura e finalmente, nel 2001, mi sono addentrato nello studio della musica. Fui ulteriormente ispirato quando ascoltai la versione per solo pianoforte di Fazil Say”.
Così nel 2003 nasce la sua Sagra della Primavera sulla versione a quattro mani per pianoforte di Fazil Say. In uno scenario da film in bianco/nero ‘interrotto’ soltanto da strisce bianche che percorrono il palcoscenico in lungo e in largo, i dodici interpreti rendono visibile l’energia e la pulsione ritmica della partitura attraverso la coreografia che li spinge da un punto all’altro dello spazio, saturandolo come il dipingere satura la tela.
Scrive Anna Kisselgoff sul New York Times del lavoro:“È travolgente l’impatto visivo e emotivo. La visione di Shen Wei è pittorica, matematica, personalissima. C’è un impiego assolutamente originale del movimento: comprime il busto fino a piegarlo, per farlo esplodere in avvitamenti e spirali improvvisi o, per contrasto, per farlo scivolare lungo il pavimento e rotolare sulla schiena, secondo lo stile popolare cinese. In questo eclettismo, il movimento però comincia puro: questa Sagra abbaglia con il suo stupefacente oggettivismo che si estende oltre il significato ordinario”.