Si racconta che Joshua Davis sia ricorso al web dopo una serie di rifiuti, da parte degli editori newyorkesi dei suoi disegni per bambini. Ha comprato un libro sull’html e si è lanciato. Oggi è un pioniere del design grafico algoritmico ed è uno degli esponenti più originali del rapporto tra arte e tecnologia oltre ad essere considerato una vera star del design mondiale. Il suo nome è stato inserito nella lista “Ten Most Creative People” dall’Internet Professional Publishers Association ed è stato insignito, nel 2001, con il premio Ars Electronica Golden Nica nella categoria “Net Excellence”, il riconoscimento internazionale più importante per la digital art e design. Le sue opere sono state esposte alla Tate Modern di Londra, al Centre Pompidou di Parigi, al MoMA di New York e, nel 2006, è stato inserito nello Smithsonian Cooper-Hewitt National Design Museum. Le sue creazioni però non rimangono tra le mura delle istituzioni perché aziende come BMW, Motorola, VW, Sony e Nike l’hanno voluto come creativo e lui, fedele al suo credo open source, affianca a tutto questo il rapporto collaborativo con il mondo del web e degli appassionati di design permettendo il download di file sorgente e codici e dando vita a workshop nei quali le persone possono portare il proprio personale contributo alle opere. Sarà così anche nella performance roveretana dove il pubblico potrà interagire con le opere di Davis, realizzate in bianco e nero e appese a pannelli sotto la cupola del Mart, colorandole, dipingendole e modificandole assieme all’artista.
Quelli di Davis non sono semplici lavori di design perché non esiste un risultato finale statico, la bellezza per lui sta nella dinamica casuale. In questo si sente vicino a Jackson Pollock ma diversamente dal pittore statunitense Davis dimostra che non esiste un risultato se non è mutevole e infatti eccolo che scrive programmi per computer che de-strutturano una certa realtà e la ricostruiscono in modo casuale. Anche le stampe portate al Festival devono essere viste solo come “un’immagine congelata dell’elaborazione ad alta velocità dei codici del mio software”. E non si pensi che sia facile. Molte tipografie rinunciano a cimentarsi con le stampe di Davis: contengono fino a 120 mila livelli e 50 mila vettori.