Per un autore come Luc Petton, formatosi alle arti marziali e al Dance Theater Lab di Alwin Nikolais e Murray Louis a New York, dedicare uno spettacolo a Oskar Schlemmer e alla sua Danza dei bastoni (Stäbetanz, 1927) può sembrare coerente sviluppo di un percorso di studi e di influenze sulla concezione dello spazio scenico. Schlemmer, ricordiamo, ha fondato la sua ricerca sulla trasformazione dello spazio mediante le forme, il colore e la luce; l’amore per il balletto attraversò tutta la sua vita e la sua ricerca sul ‘costume architettonico’ che determina il movimento al posto del danzatore, condizionato quindi a nuove modalità espressive, ha aperto la strada al teatro astratto novecentesco incentrato sulla relazione del corpo ‘meccanico e oggettivo’ (la marionetta) con lo spazio di cui il teatro multimediale astratto di Alvin Nikolais è illustre esempio. Il coreografo francese Luc Petton, come sopra accennato, è stato allievo di quest’ultimo dopo gli studi e la pratica a livelli agonistici di karate, ha sviluppato una ricerca formale ed estetica che prende le mosse dalla sua formazione. Con Oscar, lavoro creato in Francia nel 2002 per la sua compagnia Icosaèdre co-diretta con Marilén Iglesais-Breuker e installata a Villesavoye, Petton rende omaggio a Schlemmer, ripensando con modalità di oggi la sua Stäbetanz del 1927. Se nella Danza dei bastoni di Schlemmer un unico danzatore indossava un costume con applicate delle lunghe aste che evidenziavano le proiezioni nello spazio delle diverse parti del corpo, Petton e il suo costumista Jean Paul Céalis ‘vestono e svestono’ di stecche, bastoni, lunghe aste rigide e flessibili, sei danzatori. Applicati ai loro costumi o direttamente sui corpi, portati in mano o agganciati alle articolazioni, questi oggetti creano infinite forme nello spazio. Ogni gesto, anche il più piccolo e impercettibile, intreccia un legame complesso con l’aria circostante e determina nuovi volumi. Prolungamenti del corpo o protesi curiose che nella astrazione totale rimandano a creature del mondo animale, insetti, serpenti, farfalle e pavoni, a combattimenti di arti marziali, a ginniche performance, a elicotteri e forme geometriche che si evolvono nello spazio nero della scena. Diviso per quadri e in un alternarsi continuo di assoli, duetti e parti corali, Oscar è un lavoro che si ancora alla fisicità più pura della danza, sperimenta strade ludiche di metamorfosi del corpo, senza disprezzare, né tralasciare, lo humor e l’autoironia.