Nasce in Germania, a Solingen. A 15 anni inizia a studiare danza nella Folkwangschule diretta da Kurt Jooss. Dopo 4 anni riceve una borsa di studio per gli Stati Uniti che le attribuisce il titolo di “Special Student” presso la Juliard school of music di New York con insegnanti come Anthony Tudor e José Limon. L’anno dopo è scritturata dal New American Ballet e dal Metropolitan Opera di New York, e inizia nel frattempo, la sua collaborazione con Paul Taylor. Due anni dopo torna in Germania, dove diventa ballerina solista dell’appena rifondato Folkwang-Ballet con cui fa numerose tournée. In questo ha inizio la sua intensa collaborazione con Jean Cébron, coreografo e danzatore francese. Nel 1969 assume la direzione del Folkwang-Tanz Studio insieme ad Hans Zullig ed è docente nella Folkwang-hochschule di Essen. Nel frattempo compone numerose coreografie rappresentate in Europa e in America.
Dal 1973 assume la direzione del Tanztheater di Wuppertal dando ben presto il via ad uno dei più straordinari esempi di sperimentazione teatrale, con un lavoro costante di profonda e sofferta creatività che la conduce negli anni, ad assumere un ruolo guida nel mondo dello spettacolo e della cultura riunendo intorno a sé un gruppo di formidabili danzatori-attori.
Creazioni come “La Sagra della primavera, Blaubart, Cafè Muller, 1980, Kontaktof e lo stesso Nelken”, hanno fatto il giro del mondo conquistando un pubblico internazionale vastissimo e determinando uno dei più grandi miti del teatro dei nostri anni. Creato nel 1983 a Monaco di Baviera, “Nelken” arriva a Rovereto in una nuova versione (inedita per l’Italia) di un’ora e mezza senza intervallo. Lo spettacolo si svolge su una pianura di garofani rosa. Sono 9000, fabbricati, si dice, a Bangkok. A fine spettacolo risulteranno calpestati e lacerati. Lo spettacolo, come sempre nei lavori di Pina Bausch, colpisce violentemente l’emozioni dello spettatore guidandolo a quell’identificazione che ha fatto spesso parlare di “teatro della esperienza”.
I temi chiavi del lavoro della Bausch sono l’infanzia, l’identità maschile e femminile, il rapporto col proprio corpo, la capacità di soffrire, la paura di amare e di essere amati. Con immagini e un’analisi puntualissima della gestualità quotidiana, la coreografia stimola tutta la complessità sopita dell’inconscio