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01/09/2000 - 19:00

Rovereto - Teatro Zandonai

Metapolis - Project 972

Frederic Flamand, Metapolis

Il lavoro di Frédéric Flamand da sempre si rivolge ad un nuovo teatro coreografico composto da un insieme di interfacce tra le diverse discipline della danza e delle arti plastiche ed audiovisive. Nel 1973 fonda il Plan K a Bruxelles, mentre dal 1991 è direttore artistico del Centro Coreografico della Comunità Francese nel Belgio, da lui ribattezzato Charleroi/Danses. Attraverso un lavoro di decomposizione delle rappresentazioni e l’inserimento di tecniche nuove, Flamand propone un confronto tra la realtà e la mediatizzazione, tra l’attore e l’oggetto che consente di commentare e di prendere atto della situazione in fieri e di farne scaturire una serie di interrogativi. Nei suoi spettacoli i danzatori interagiscono con gli oggetti e le macchine presenti sulla scena ed i loro movimenti si trasformano in pulsioni. Le creazioni di Frédéric Flamand hanno girato gli Stati Uniti, il Giappone e numerosi Paesi d’ Europa. Sono sempre caratterizzate dalla multimedialità e centrate sul rapporto danza e architettura. Come Titanic (’92), Ex Machina (’94), Moving Target (’96) ispirato ai Quaderni non censurati di Nijinsky e svolto in collaborazione con gli architetti americani Diller e Scofidio. Sempre con l’ausilio di questo duo statunitense è nato EJM1, Muybridge-Man walking at Ordinary Speed (’98) e EJM2 (’98), il primo rivolto all’opera di Edward James Muybridge, il secondo all’inventore della cromofotografia Etienne-Jules Marey. Inoltre, in occasione dell’esposizione universale di Hannover 2000, Flamand è stato invitato a collaborare con l’architetto Jean Nouvel per realizzare un progetto sul Futuro del Lavoro.Metapolis-Project 972 è il titolo dell’ultimo lavoro di Flamand, presentato in prima nazionale a Rovereto e coprodotto dal Festival Oriente Occidente. E’ il frutto di una collaborazione con l’architetto e designer di nazionalità irachena Zaha Hadid, recente vincitrice del concorso per i Musei di Arte Contemporanea di Cincinnati e di Roma. Flamand ha colto nel lavoro di Hadid la possibilità di fondere le due arti dello spazio: la danza e l’architettura. Ne è nata l’idea comune di integrare i ballerini, gli elementi scenografici e le luci nell’impresa unica di “far ballare lo spazio”. Il percorso della creazione ruota attorno ad una città immaginaria caratterizzata da una serie di contrasti come fluidità/attrito, privato/pubblico, individuo/folla, mobile/immobile, urbanizzazione/spopolamento, ordine/caos. “Ho anche iniettato nella concezione dello spettacolo – spiega Flamand – questa idea dello sviluppo della realtà virtuale collegata all’emergere delle nuove tecnologie della comunicazione, che sono generatrici di processi di materializzazione del corpo”. Là dove l’ambiente urbano è sempre più anonimo Metapolis è “la visione di un al di là della città nello spazio ma anche nel tempo della sua rappresentazione”. Attingendo dalle avanguardie della prima metà del ventesimo secolo, in particolare dal futurismo e dal cubofuturismo, i due ideatori affrontano il tema del rapporto tra l’uomo e la città, attraverso il movimento fisico ed astratto e l’utilizzo dello spazio reale e virtuale. Zaha Hadid ha una “visione della città come luogo intessuto di reti continue di energie che saturano lo spazio e che circondano i corpi”. Nella scenografia gli unici richiami tangibili agli spazi urbani tradizionali sono tre ponti, rientrabili e mobili, tre simboli che rappresentano metaforicamente la comunicazione e l’impatto umano sul sistema delle reti urbane. Il resto della scena è composto da griglie di linee e proiezioni sullo schermo che costituiscono una sorta di “disegno informatico” e di “tema iconografico”. Lo spazio scenico è così mediatizzato e questo andare oltre la città, verso una massa globale ed un universo totalizzante, viene rappresentato coreograficamente da Flamand in un alternarsi di contrapposizioni cicliche come la gestualità fluida e il ritmo cadenzato del lavoro oppure i vortici, le pulsioni rapide, i movimenti più lenti. La danza ridiventa il luogo del vissuto sociale e nella velocità della metropoli moderna l’uomo ha bisogno di fermarsi e di ripiegare su se stesso in un “universo simbiotico” con il tessuto della città.

Concezione e coreografia di Frédéric Flamand
Production design di Zaha Hadid
Musiche di Michael Daugherty, Anton Aeki, David Shea, Pierre Henry, Scanner, Olivier Messiaen, Tone Rec
Danzatori Jason Beechey, Tristan Brinckman, Hayo David, Yasuyuki Endo, Anna Koch, Martine Lange, Gonçalo Lobato de Faria Ferriera, Vera Moura e Silva, Baptiste Oberson, Xavier Perez-Mas, Catherine Plomteux, Ann Van den Broek, Gilles Verièpe, Kuo Chuan Wang
Assistente alla coreografia Cristina Dias
Consulente musicale Jacques-Yves Ledocte 
Design Team di Zaha Hadid: Caroline Voet, Woody Yao, Stephane Hof, Shumon Basar, Paola Cattarin, Bergendy Cooke, Chris Dopheide
Consulente tecnico DCAb
Consulenti per i costumi Susann Schweizer e Marie O’Mahony
Sarto Thomas Zaepf
Artista video Carlos da Ponte 
Cameraman Pino Pipitone
Concezione luci di Frédéric Flamand e Nicolas Olivier
Regia video di Maurizio Pipitone
Direttore tecnico Gianni Brecco
Squadra tecnica Giacomo Avampato, Frédéric Barbier, Anne Masset, Ahmed Zaglhal
Coordinatori del progetto Bernard Degroote, Caroline Dumont, Lisa Korsak
Tour manager Ludovica Riccardi
 
Coproduzione di Charleroi/Danses – Centre chorégraphique de la Communauté française de Belgique, Festival Oriente Occidente di Rovereto, Het Muziektheater/Amsterdam, l’Arsenal de Metz, Bruxelles 2000, La Maison des Arts de Créteil