PRIMA NAZIONALE
Per festeggiare i quattro decenni di vita della sua compagnia Sankai Juku, nel 2015, Ushio Amagatsu ha realizzato Meguri, magniloquente spettacolo sulla mutevole bellezza della natura. Figura emblematica del butoh giapponese sin dagli anni Settanta e più volte ospitato al Festival Oriente Occidente, Ushio Amagatsu presenta una personalissima interpretazione della ‘danza delle tenebre’, lontana dalla rivendicazione politica delle origini e più interessata ad affondare in una dimensione di estatica bellezza attraverso un linguaggio del corpo che scava nella profondità di ogni essere umano per raggiungere l’universalità. Il titolo Meguri rimanda al verbo giapponese che identifica il movimento circolare dell’acqua e del cosmo, il ciclo delle stagioni e la rotazione terrestre. Il sottotitolo, Esuberanza marina e tranquillità terrestre, chiarisce ulteriormente gli intenti dell’autore sempre pronto a trasportare lo spettatore in un universo simbolico e di confine, sospeso tra lo Shigan (il mondo terreno) e l’Higan (l’aldilà). In linea con la tradizione, gli otto danzatori del gruppo, tutti maschi sin dalla fondazione, sono creature dal cranio rasato con il corpo ricoperto di biacca che cercano in scena una conciliazione con i propri demoni e le forze del mondo esterno. Potenti, magnetici e catartici in Meguri sono attorniati dagli elementi naturali ricorrenti nei lavori di Amagatsu (Terra, Acqua, Vento e Sabbia) e da un magnifico fondale, una sorta di muro-bassorilievo di fossili marini del Paleozoico conosciuti con il nome di “gigli di mare”. Le luci virano dal giallo all’ocra secondo un’ispirazione che viene all’autore dai dipinti di Vermeer nei sette tableaux che compongono la pièce rispettivamente intitolati Chiamata da lontano / Trasformazione sul fondo del mare / Due superfici / Premonizione, Quiete, Tremiti / Foresta di Fossili / Tessiture / Ritorno. I corpi, al pari di una fisarmonica organica, si espandono e si ripiegano su se stessi, si muovono come onde sostenute dal movimento ampio, respirato. Nello spettacolo si dispiega una tranquillità mistica sostenuta da una musica onnipresente, fluida e ritmicamente invariata. Il risultato è un poema visuale di inaudita raffinatezza.
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