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Sala Conferenze del Mart, Rovereto

Film - La paura

Film - 66'

Girato interamente con un telefono cellulare, La paura mostra una serie di immagini italiane catturate «selvaggiamente» da Pippo Delbono. Le varie sequenze del lungometraggio, caratterizzate dalla sgranatura tipica di queste cineprese in miniatura, danno vita a una graffiante poesia. Così si instaura un dialogo tra la pancia prominente dell’artista e quell’assurdo programma televisivo italiano che parla di obesità infantile e in cui un dottore, anch’egli obeso, invita i bambini a fare attività fisica. Ma questo diario d’immagini non contiene soltanto episodi divertenti; è anche una testimonianza dello stato generale in cui verte la penisola italiana (Roma in particolare) e la sua cultura politica, sempre pronta a stigmatizzare i Rom e gli stranieri. Pippo Delbono infatti scende in campo, recandosi a Milano per assistere al funerale del giovane africano ucciso il 14 settembre 2008 dai proprietari di un negozio, padre e figlio, per aver rubato un pacchetto di biscotti. L’artista registra per non dimenticare. Registra senza pietà questo momento tragico, conseguenza di un momento di razzismo ordinario. Un carabiniere lo avvicina alla fine della cerimonia e gli chiede di non gettare olio sul fuoco. Altri momenti di vergogna: la lettura delle frasi xenofobe e offensive scritte su un muro o l’incredibile numero di persone che vivono per strada. Oscillando tra il serio e il faceto, Pippo Delbono col suo cellulare mette a nudo anche la società dello spettacolo. Come i volti inquadrati in primo piano, così il mondo è rappresentato senza abbellimenti né artifici. Perché la materia prima del film è la verità, la realtà tangibile e dimostrabile, catturata e montata dall’artista, il quale riesce a trasformare in strumento di liberazione quell’oggetto che ognuno di noi tiene nella tasca.

Pippo Delbono, autore, attore, regista, nasce a Varazze nel 1959. Negli anni ’80 inizia gli studi di arte drammatica in una scuola tradizionale che lascia in seguito all’incontro con Pepe Robledo, un attore argentino proveniente dal Libre Teatro Libre (formazione teatrale attiva in Sud America negli anni ’70 che utilizzava la creazione collettiva come mezzo di espressione e di denuncia della dittatura in Argentina). Insieme si trasferiscono in Danimarca e si uniscono al gruppo Farfa, diretto da Iben Nagel Rasmussen, attrice storica dell’Odin Teatret e per Delbono inizia un percorso alternativo alla ricerca di un nuovo linguaggio teatrale. Delbono si dedica allo studio dei principi del teatro orientale che approfondisce nei successivi soggiorni in India, Cina, Bali, dove fulcro centrale è un lavoro minuzioso e rigoroso dell’attore sul corpo e la voce. Nel 1987 crea il suo primo spettacolo, Il tempo degli assassini e nello stesso anno incontra Pina Bausch che lo invita a partecipare a uno dei lavori del suo Wuppertaler Tanztheater. Questa straordinaria occasione segna una tappa fondamentale nel percorso artistico del regista. Gli spettacoli di Delbono non sono allestimenti di testi teatrali ma creazioni totali, gli attori sono parte di un nucleo che si mantiene e cresce nel tempo. Già nella prima opera si definiscono i tratti di un lessico teatrale unico che rappresenta la peculiarità di tutte le creazioni seguenti.