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13/09/1998 - 19:00

Teatro Zandonai

La Diosa en nosotras

In occasione del centenario della nascita di Federico Garcia Lorca, non poteva mancare dall’edizione di quest’anno una serata dedicata al flamenco. La scelta si è orientate verso una giovanissima compagnia spagnola, fondata soltanto l’anno scorso da Bélen Maya. Figlia d’arte, Bélen ha iniziato a conoscere l’arte del flamenco dai suoi genitori, Carmen Mora e Mario Maya. Con il padre di Bélen, danzatore considerato da José Blas Vega uno dei ballerini più completi di flamenco, hanno lavorato danzatrice e coreografe come Carmen Cortés, già ospitata tra l’altro con successo al Festival Oriente Occidente. Bélen Maya ha cominciato la sua carriera, ballando in  tablaos conosciuti come Cafè de Chinitas di Madrid e il Tablao de Carmen di Barcellona, lavorando poi come solista e prima ballerina sia nella compagnia del padre che in quella di Carmen Cortés. La Diosa en nosotras è il lavoro che segna il debutto della sua giovane compagnia. Un gruppo nato allo scopo di lavorare nel flamenco per rileggere l’antica danza Andalusa con energia e temperamento al femminile. Spiega la Maya: “Negli ultimi anni, i bailaores sono stati oggetto di grande attenzione ed appoggio, tanto che ci siamo messe a ballare come uomini, dimenticando come si danza “essendo donna”, ovvero secondo la nostra energia, i nostri sentimenti, le nostre emozioni. Ridando forza al nostro linguaggio, cerchiamo di potenziare l’unione tra di noi, dimostrando che il flamenco non è solo lotta e rivalità. Il nostro non è un progetto femminista, ma è un progetto di espressione della femminilità”. La nascita della compagnia risponde anche al desiderio di far conoscere le giovani danzatrici di flamenco che esistono attualmente in Spagna. Scelta non a caso tra i protagonisti dell’ultimo film di Carlos Saura, Flamenco, Bélen Maya ha creato La Diosa en nonotras per un cast completamente al femminile, dando un’interpretazione contemporanea dell’anima del flamenco. La musica è una composizione originale del musicista Emilio de Diego. Lo spettacolo si completa con Flamenco, brano coreografico in cui si alternano assoli e sequenze di gruppo e al quale partecipano, secondo lo stile più consueto del ballo Andaluso, due chitarristi e due cantanti maschi. Precisa infatti la Maya: “Ci interessa recuperare l’idea della scena come spazio sacro, nel quale si realizza il rituale della danza e del flamenco. Recuperiamoci come sacerdotesse di questo rituale, come ballerine che esprimono l’energia dello spirito femminile con la maggiore purezza possibile, senza manipolazioni, concessioni, seduzione, stereotipi. Per riconoscere e riconciliare il maschile con il femminile in un progetto creativo sulla scena e sul flamenco”.