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03/09/1988 - 19:00

Castel Beseno - Besenello

La danza dei Dervisci

Sheik Selman Tuzùn, La danza dei Dervisci | ph Paolo Aldi

In varie occasioni il libro sacro degli islamici, il Corano, ricorda che i fedeli devono pensare a Dio, nominarlo con frequenza e invocarlo giorno e notte in tutti modi possibili. I sufi, sapendo che le ingiunzioni del Corano rappresentano un importante strumento di redenzione, hanno sviluppato nel corso dei secoli un’ampia liturgia che varia secondo aree geografiche, linguistiche e confraternite di culto. La danza cosmica dei Dervisci Mevlevi, confraternita fondata a Konya in Anatolia nel XIII secolo de a Gialal ud Din Rumi, è certamente uno degli esempi più interessanti della liturgia sufi.
Tra le molte strade che conducono a Dio i Mavlevi hanno scelto quella della musica e della danza. Vestiti con un’ampia veste bianca che simboleggia il sudario, avvolti in un grande mantello nero, simbolo del sarcofago, con in testa un capello cilindrico (la pietra tombale) e guidati dal maestro i dervisci si dispongono nello spazio sacrale del culto, si siedono davanti al tappeto rosso che ricorda ai fedeli la morte del maestro Rumi e il cantore senza aiuto di strumenti inizia a lodare a Dio. Poi il Nay (flauto) comincia ad improvvisare arie dolcissime, il maestro da un colpo sul pavimento e lentamente i dervisci compiono 3 giri delimitando lo spazio sacro e simboleggiando le 3 vie che portano a Dio: la via del sapere, della visione e dell’unione. Al termine si tolgono il mantello e chiedono il permesso di danzare. La danza consiste in una rotazione antioraria del corpo su se stesso e nello spazio con le braccia aperte come ali, la mano destra rivolta in alto verso il cielo, e la sinistra in basso come per riversarsi in terra la grazia ricevuta dal cielo.
Essi ripetono in questa danza le leggi che regolano l’universo, la rotazione dei pianeti su se stessi e intorno al sole. Intanto al nay si sono aggiunti altri strumenti, tra cui il tamburo che rievocano il giorno del giudizio. Il ritmo della danza si fa più incalzante e rapido e anche il maestro vi partecipa, i danzatori vengono letteralmente rapiti dal movimento e dalla musica e cadono in un sorta di Trance mistica in cui la materia e il corpo si annullano in favore dello spirito infine liberato.
Quando il maestro si ferma e rientra al suo posto iniziale anche la danza liturgica termina e la cerimonia si conclude con la sola voce del cantore che salmodia versetti del Corano.

Coreografia di Sheik Selman Tuzùn  
Danzatori Mustafa Holat, Hasan Hùsein Ertekin, Tahir Kusùk, Hasan Aricins, Adem Tok, Husein Sitki Holat, Sitk Gokunlù, Muammer Unat, Ahmet Birekul, Adnar Sulùteçu, Hans Musay, Mehemet Holat, Mahmut Suluksù Musicisti Alì Dogan Ergin, Andaç Arbas, Umit Gurelman, Ceneyt Umur Kosal, Ibrhaim Nihat Dogu, Abdi Goskun, Omer Satiroglu, Hçseyn Top, Hçseyn Ziyaddin Atyigit, Omer Tugrul Inançer, Ahmet Sukru Katioz, Thair Engine Icoz, Husyin Erol Bingol, Hasam Smerkantli, Faruk Salgar, Vaht Anadolu, Celaleddin Celbi, Aghan Alp