In varie occasioni il libro sacro degli islamici, il Corano, ricorda che i fedeli devono pensare a Dio, nominarlo con frequenza e invocarlo giorno e notte in tutti modi possibili. I sufi, sapendo che le ingiunzioni del Corano rappresentano un importante strumento di redenzione, hanno sviluppato nel corso dei secoli un’ampia liturgia che varia secondo aree geografiche, linguistiche e confraternite di culto. La danza cosmica dei Dervisci Mevlevi, confraternita fondata a Konya in Anatolia nel XIII secolo de a Gialal ud Din Rumi, è certamente uno degli esempi più interessanti della liturgia sufi.
Tra le molte strade che conducono a Dio i Mavlevi hanno scelto quella della musica e della danza. Vestiti con un’ampia veste bianca che simboleggia il sudario, avvolti in un grande mantello nero, simbolo del sarcofago, con in testa un capello cilindrico (la pietra tombale) e guidati dal maestro i dervisci si dispongono nello spazio sacrale del culto, si siedono davanti al tappeto rosso che ricorda ai fedeli la morte del maestro Rumi e il cantore senza aiuto di strumenti inizia a lodare a Dio. Poi il Nay (flauto) comincia ad improvvisare arie dolcissime, il maestro da un colpo sul pavimento e lentamente i dervisci compiono 3 giri delimitando lo spazio sacro e simboleggiando le 3 vie che portano a Dio: la via del sapere, della visione e dell’unione. Al termine si tolgono il mantello e chiedono il permesso di danzare. La danza consiste in una rotazione antioraria del corpo su se stesso e nello spazio con le braccia aperte come ali, la mano destra rivolta in alto verso il cielo, e la sinistra in basso come per riversarsi in terra la grazia ricevuta dal cielo.
Essi ripetono in questa danza le leggi che regolano l’universo, la rotazione dei pianeti su se stessi e intorno al sole. Intanto al nay si sono aggiunti altri strumenti, tra cui il tamburo che rievocano il giorno del giudizio. Il ritmo della danza si fa più incalzante e rapido e anche il maestro vi partecipa, i danzatori vengono letteralmente rapiti dal movimento e dalla musica e cadono in un sorta di Trance mistica in cui la materia e il corpo si annullano in favore dello spirito infine liberato.
Quando il maestro si ferma e rientra al suo posto iniziale anche la danza liturgica termina e la cerimonia si conclude con la sola voce del cantore che salmodia versetti del Corano.