Una cascata di riccioli neri le circonda un viso di inquieta bellezza in cui è già in nuce il suo universo artistico, barocco e diabolicamente misterioso. Le sue passioni sono la fotografia e la danza, “gemelle perché tutte e due si divorano con gli occhi”. Karine Saporta è, nella danza contemporanea francese, tra le indagatrici più sottili dell’animo femminile. “Cerco da molto tempo dei segreti per far fremere nella mia danza e nei miei pensieri, i miei desideri e le mie paure” – sosteneva nell’82, anno di nascita della sua compagnia parigina. Passo a cui arriva dopo una formazione che allo studio della danza classica e moderna accostava, tra Francia e Stati Uniti, quello della filosofia, della sociologia, del video, del cinema, della fotografia. Ed importante è stato per lei il lavoro con il giapponese Hideyuki Yano, artista che ha svolto in Francia un ruolo considerevole nella trasmissione delle tecniche e del pensiero orientale ai coreografi emersi negli anni ’80. In breve tempo il nome di Karine Saporta diventa un fiore all’occhiello delle programmazioni francesi e internazionali. Nascono “Hypnotic Circuì”, “Manèges” (creazione per le Groupe de Recherche de l’Opéra di Parigi), “Le Coeur Métamorphosé”, “Les Pleurs en Porcelline”, “Une Passion”, “Un bal dans le Couloir de Fer”. Nell’88 il festival di Avignone le affida una Carte Blanche: un riconoscimento significativo sia per la Saporta che per la danza contemporanea francese in generale. Karine crea in quell’occasione (A ma mère) “La Fiancée aux Yeux de Bois”, firmando per il festival una apprezzata programmazione.
Da settembre dell’88, Karine Saporta è alla testa del Centre Chorégraphique National de Caen/Basse Normandie. In questi anni ha creato lavori importanti come “Les Taureaux de Chimène”, “La Poudre des Anges”, “La Princesse de Milan”, accostando all’attività coreografica collaborazioni prestigiose che l’hanno vista lavorare nel film “Prospero’s books” di Peter Greenaway e al fianco di Michael Nyman. Nel ’92 firma il suo primo cortometraggio “Les Larmes de Nora”, vincitore del secondo premio del pubblico del festival de Films de Femmes de Créteil. Ma più del cinema, l’affascina, come abbiamo già accennato, la fotografia. “La fotografia – dichiara – mi sembra paradossalmente più vicina alla danza e alla coreografia del cinema. Non ci sono testi, dialoghi, sottotitoli, spiegazioni. Tutto si risolve in uno sguardo, un pugno chiuso, una schiena girata, una posizione di ripiegamento. Tutta la forza di una foto è contenuta nel corpo della persona rappresentata, sia che si tratti di un uomo politico che di un danzatore… Quello che amo in una fotografia è una sorta di esaltazione del corpo più forte e più intensa che nelle altre arti” (Danser, luglio 1991).
La lunga citazione è particolarmente rilevante visto l’assolo che Karine Saporta porta a Rovereto. Si intitola “La Chambre d’Elvire” ed ha una storia che merita di essere narrata. Nel ’92 il Théâtre national de la danse et de l’image di Châteauvallon commissionò a quattro coreografe tra cui Karine Saporta un lavoro dedicato all’autoritratto. Saporta realizzò una mostra fotografica a colori, che volle accompagnare da un breve autoritratto danzato. A distanza di un anno Karine ha presentato una seconda versione coreografica di “La Chambre d’Elvire”, dilatando ad un’ora la danza ed eliminando la proiezione di diapositive sul suo corpo come avveniva nello studio del ’92. Con la collaborazione dello scenografo Jean Bauer, è nato uno spettacolo che, a giudicare dai commenti della critica francese, è un inno ai fantasmi dell’immaginario, “fotografati” sulla scena della danza. Evocativo, perverso e tenero alla stesso tempo, “La Chambre d’Elvire” racconta emozioni, ambientandole in stralunati scenari: una facciata sbiadita, dalle cui finestre si affaccia il profilo fuori dal tempo della Saporta; una camera dai contorni vaporosi, tutta merletti e cuscini, ma in cui troneggi una carrozzina piena di cavoli e patate e un letto sul quale Karine duplica la propria figura in una bambola della sua stessa misura; una scuderia di rame con pecora belante al seguito… Sulle musiche di Guy Cascales, Karine danza una follia onirica, fatta di gesti ossessivi e spezzati. “(Saporta) non sollecita il nostro sguardo, lo esige, se lo incolla addosso, e per assicurarsene, non ci lascia mai con gli occhi, muovendosi costantemente con la faccia… Saporta cattura, perché è bella, di una bellezza erotica e perversa come le immagini che sa creare”… (Sylvie De Nussac, Le Monde, febbraio 1993).