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02/09/2001 - 19:00

Teatro Ex Ati

L’odeur du voisin

Guiherme Botehlo, brasiliano di San Paolo dove è nato nel 1962, figlio di una psicologa e di un oppositore del regime, già complice degli inglesi DV8, e Caroline de Cornière, che si è formata al CNDC di Angers, sono soci nella compagnia Alias, che ha sede a Ginevra, e nella immaginosità a briglia sciolta delle creazioni che hanno reso famoso il gruppo svizzero. In contesti sempre insoliti-  il set per loro è essenziale, come al cinema- dai muri con la tappezzeria tropicale che trasudano acqua di “Moving A Perhaps”, luogo dove una donna cerca disperatamente di tenere sotto controllo le cose della vita, alla casa che esplode di energia aggressiva, anzi di violenza coniugale, di “Contrecoup”, da cui Pascal Magin ha ricavato un film esemplare, mescolando interni ed esterni, premiato a Dance Screen 1999 alla bottega “santa” di “Mr Winter”. E’ bene sapere che il suo itinerario di conquista di un teatrodanza carico di umori surreali, luogo dell’intimità messa a nudo, parte dall’ingaggio come ballerino di base classica nella compagnia del Grand Théâtre de Genève- all’epoca in cui era diretto dall’argentino Oscar Araiz- da cui si stacca, sentendo il disagio di un guscio costrittivo, per fondare nel 1987 il suo gruppo, dove investigare nel vissuto dei danzatori, nelle tematiche esistenziali, alla ricerca di quel senso profondo e autentico, in equilibrio tra nevrosi e contraddizioni, che solo può dare verità al movimento, evitando quegli esercizi di stile, magari elegantissimi, che gli sembrano estetizzanti e inautentici rispetto alla sua voglia di “contenuti”. Il suo primo lavoro a passare in Italia è “En manque” del 1994, sulla solitudine e sulla coppia, sul bisogno di essere amati- filo rosso della danza e forse dell’edizione 2001 del festival roveretano- a cui è seguito “Moving A Perhaps” a Bologna  e “On ne peut pas toujours être en apnée” a Polverigi, prima di “Mr Winter” quest’anno a Ferrara e al CRT di Milano, storia/e del gestore di un folle negozio di articoli sacri, con una profusione di Madonne e Cristi in croce di tutte le misure. Un emporio molto latino-americano che è anche bar e angolo di lettura del giornale e catalizzatore di presenze sul crinale dell’assurdo, dai venditori ambulanti ai barboni alle donne incinte, finte e vere, tra baruffe continue del padrone con il commesso e con la figlia smaniosa. Questo, dello sfasamento grottesco, è il terreno d’elezione di Botelho, ricercatore di punti di vista ancora inesplorati, di immagini penetranti ed evocatrici, di percezioni insolite, di emozioni pre-coscienti, di provocazioni rivolte al corpo attraverso l’improvvisazione, e inventore con i suoi interpreti di pièce di teatro dolceamare e tragicomiche, dove non manca la parola- per ciascun ballerino nella propria lingua- e dove, al tempo stesso, la danza è di eccellente qualità, nella personalizzazione che ognuno dei componenti di Alias mette in campo con schiettezza e senza timore di rivelarsi a chi guarda. “Onestà e integrità” sono le parole chiave della danza di Botelho, intessuta di mille racconti sottotraccia, per “parlare” delle “cose della vita” con i corpi intelligenti, e un tantino autobiografici, dei suoi ballerini. 


“L’odeur du voisin” 
“Un uomo che mangia solo, al ristorante, non assorbe solo del cibo” 
G. Haldas   
Una realtà in due tempi: attraverso differenti atmosfere si succedono dei personaggi, dei frammenti di vita colti nell’angolazione insolita della quotidianità. Poi l’immagine si ripiega su un luogo chiuso che costringe alcuni di questi personaggi alla promiscuità. Così si crea un’altra realtà che ha a che fare con l’incessante via vai della distanza e della prossimità, con quel leggero scarto che spinge il reale in una strana familiarità.   “Sì, fissate bene quest’immagine volgendo lo sguardo all’infinito e vedrete apparire un tipo adatto a farne una fotocopia”.