Lo spettacolo Il tempo degli assassini (il titolo è un verso rubato a Rimbaud) è una riflessione acuta e disinvolta sul teatro e un’autorappresentazione memore dell’Odin di Eugenio Barba e di Pina Bausch, ispiratori e “motori” del giovane Delbono. È il racconto dei disagi e delle suggestioni di due artisti che si espongono al pubblico “dall’interno”, condensando ricordi, atmosfere vissute, solitudini e ferite esibite, testimonianze di crisi identitarie.
Parlando del teatro e dei suoi meccanismi fragili e perversi, è in realtà di se stessi e di noi tutti che ci parlano Pippo Delbono e Pepe Robledo, narrando sogni e paure della nostra vita quotidiana. Risale al 1987 quest’operina densa e sommessa, che debuttò al festival di Sant’Arcangelo per poi essere replicata molte decine di volte in giro per il mondo. Asciutto e sfacciatamente semplice, Il tempo degli assassini colloca i nostri eroi, che si presentano in cravatta e abito scuro, dentro una scena abitata solo da due sedie, con tanta musica eterogenea che funge da tappeto delle loro azioni: il rock e Mozart, Johnny Dorelli e Janis Joplin, canzonette italiane e musica argentina. La coppia celebra vicende nere pubbliche e private, evocando violenze subite e amori uccisi, colpi di Stato e overdose maledette. E tra brividi d’angoscia e squarci di humour, i due performer irradiano un’energia clownesca alla Jango Edwards, scatenano furori rockettari alla Blues Brothers, compiono irruzioni nell’assurdo beckettiano, pescano spunti nel demenziale, prendono in prestito dal cabaret tedesco toni di rabbia stridula e di malinconia ringhiosa.
Le piccole coreografie che s’intrecciano al testo sono invenzioni scoppiettanti e Pippo e Pepe vi si tuffano con gioconda immediatezza. Sofisticato e un po’ indio è il mingherlino Robledo, ribaldo e inquietante è il fanciullone cattivo Delbono. Ballando sanno alternare a una vivida gestualità “naturale” un flusso di passerelle ritagliate dal music-hall. E ci offrono, come dei veri amici, tutta la loro perturbante tenerezza.
con Pippo Delbono, Pepe Robledo
suono Mario Intruglio
luci Simone Goggiano
durata 75 minuti senza intervallo
Pippo Delbono, autore, attore, regista, nasce a Varazze nel 1959. Negli anni ’80 inizia gli studi di arte drammatica in una scuola tradizionale che lascia in seguito all’incontro con Pepe Robledo, un attore argentino proveniente dal Libre Teatro Libre (formazione teatrale attiva in Sud America negli anni ’70 che utilizzava la creazione collettiva come mezzo di espressione e di denuncia della dittatura in Argentina). Insieme si trasferiscono in Danimarca e si uniscono al gruppo Farfa, diretto da Iben Nagel Rasmussen, attrice storica dell’Odin Teatret e per Delbono inizia un percorso alternativo alla ricerca di un nuovo linguaggio teatrale. Delbono si dedica allo studio dei principi del teatro orientale che approfondisce nei successivi soggiorni in India, Cina, Bali, dove fulcro centrale è un lavoro minuzioso e rigoroso dell’attore sul corpo e la voce. Nel 1987 crea il suo primo spettacolo, Il tempo degli assassini e nello stesso anno incontra Pina Bausch che lo invita a partecipare a uno dei lavori del suo Wuppertaler Tanztheater. Questa straordinaria occasione segna una tappa fondamentale nel percorso artistico del regista. Gli spettacoli di Delbono non sono allestimenti di testi teatrali ma creazioni totali, gli attori sono parte di un nucleo che si mantiene e cresce nel tempo. Già nella prima opera si definiscono i tratti di un lessico teatrale unico che rappresenta la peculiarità di tutte le creazioni seguenti.