Americana di origine, ma italiana di adozione da più di dieci anni, Teri Jeanette Weikel è un’autentica autrice di ricerca. Il suo percorso, cresciuto pazientemente lontano dai circuiti tradizionali, ha abbracciato la via del rigore progettuale e della interdisciplinarietà dei linguaggi. Va da sé che per questa performer dalla non comune presenza scenica la musica dal vivo non sia mai un “optional”: piuttosto è un’esigenza legata a un’idea di spettacolo come risultato di un dialogo paritetico tra specificità linguistiche a confronto.
Nella formazione di Teri Weikel compare innanzitutto una mamma danzatrice ed insegnante, che la porta fin da piccola a contatto con la cultura coreografica di stampo americano. Una borsa di studio vinta per il California Institute of the Arts è il trampolino di lancio ad una carriera che la vedrà collaborare con la Gus Solomons Dance Company, con Donald Byrd e Karole Armitage, con il Carl Arts Dance Ensemble, il Dance L.A. e il San Diego Dance Theatre.
Il 1983 è l’anno della svolta. Si trasferisce in Italia. Forte del background statunitense, la Weikel viene presto scoperta dai cultori del “contemporaneo”: non è infatti un caso che alle esperienze performative e coreografiche maturate in questi dieci anni, abbia abbinato una densa e riconosciuta attività didattica.
Dall’84 ha firmato “La Giacca”, “Questions on Point” (’85), “Stanze parallele” (’86), “Rubi” (’87), “Woodworks” (’88), “Five on Red” e “Baglady” (’89), “Avviso di ritorno” e “Anyway” (’91), partecipando inoltre a numerosi eventi sul rapporto tra musica e danza, come il Progetto “Monk”. Poi, dal ’92, ha preso il via il grande innamoramento chiamato Bulgakov: progetto triennale dedicato a “Il Maestro e Margherita”, la cui tappa conclusiva debutta come coproduzione di Oriente Occidente. Ad interpretarla la compagnia di Modena Tir Danza, in scena a Trento in una nuovissima formazione, riunita “ad hoc” per il terzo incontro con il romanziere russo.
Dopo gli studi “Brevi ritratti del vento” (1992) e “I manoscritti non bruciano” (1993), Teri Weikel completa l’indagine interdisciplinare su “Il Maestro e Margherita” al fianco dei musicisti Antonello Salis e Danilo Terenzi (autori della partitura dello spettacolo), dell’attore Renato Carpentieri (curatore della drammaturgia e della realizzazione teatrale, oltre che interprete in scena del Maestro) e dell’attrice e cantante Luisa Pasello. Proseguendo nella scia dei precedenti due studi, la Weikel non si rapporta al testo con una danza di tipo narrativo. Punta piuttosto a modellare l’energia qualitativa della danza sull’essenza dei personaggi del romanzo. La Weikel scinde così il lavoro in più piani, disegnando tracce coreografiche “dinamicamente” diverse a seconda della dimensione quotidiana ( vedi Ivan Nikoleyavich) o diabolicamente fuori dal tempo (Woland, Koroviev, Behemot, Azazelo) dei protagonisti. L’équipe del diavolo diventa così in danza l’équipe dei “maestri della sorpresa”, del “virtuosismo”, dell’”imprevedibilità”; Ivan, il poeta, “simbolo – secondo la Weikel – di un processo di trasformazione che lo porta ad acquisire attraverso l’insegnamento del Maestro una coscienza più profonda delle cose”, coreograficamente sembra mosso dall’esterno, manipolato dai personaggi della “quinta dimensione” (così Bulgakov definisce l’ambito dell’équipe di Woland).
Margherita infine interpretata a Trento dalla stessa Weikel, sarà indagata secondo la duplicità che la contraddistingue anche nel romanzo di Bulgakov e che la vede appartenere sia al mondo reale e quotidiano che al regno della trascendenza.