Dopo una lunga militanza nella Batsheva Dance Company di cui è stata dapprima musa ispiratrice di Ohad Naharin, poi direttrice artistica associata e house choreographer, Sharon Eyal è oggi artista indipendente proiettata sulla scena internazionale. Oltre a coreografare per diversi ensemble - il norvegese Carte Blanche visto anche a Oriente Occidente la scorsa edizione e l’americano Hubbard Street Dance Chicago - ha fondato nel 2013 in Israele una sua compagnia, L-E-V (Cuore in ebraico), con il marito Gai Behar. In realtà il team artistico è molto più ampio, L-E-V è una vera famiglia: con loro c’è il percussionista e dj creativo Ori Lichtik, autore di tutte le musiche degli spettacoli, padre fondatore della scena techno israeliana, la stilista Ma’ayan Goldman autrice di quella sempiterna ‘seconda pelle’ che avvolge i corpi di tutti i lavori di Eyal, e il light designer Avi Yona Bueno. Famiglia che ha dato forma e vita a un’estetica inconfondibile che prende le mosse da uno stile coreografico incalzante e vigoroso e da un assetto scenico che congela le differenze fisiche per far emergere le personalità. Tute aderentissime monocromatiche, rossetto unisex e giarrettiere indossate da uomini rendono la compagnia una massa androgina un po’ cyborg e al tempo stesso molto umana. Impegnata com’è in quella sorta di rito tribale dall’estetica freddamente contemporanea in cui Eyal&Behar la immergono.
House, lo spettacolo che vedremo al festival è originariamente nato per la Batsheva Dance Company nel 2011. Rimontato per sette danzatori di L-E-V (con comparsata della stessa Eyal), e raddoppiato nella durata, il brano non modifica la sua essenza: raccontare i rapporti umani, la famiglia e la coppia in una casa dominata da uno strano delirio. Con crescente tensione la premiata ditta Eyal&Behar conduce lo spettatore dentro un rave domestico, velatamente aggressivo e incline alla trance.