Forte di un percorso nutritosi da una parte dell’insegnamento di alcuni dei maggiori maestri di scuola tedesca, dall’altra dell’aver fatto parte per alcuni anni del Dance Group di Mark Morris, il tedesco Joachim Schlömer, classe 1962, è un nuovo autore che ha già alle spalle significative esperienze coreografiche e di direzione di compagnia. La formazione di questo giovane artista originario di Mannheim, avviene alla Folkwanghochschule di Essen. Qui Schlömer studia dalla danza antica al flamenco, dal classico alle tecniche di composizione della danza moderna, frequentando le classi di Hans Zullig, Jean Cébron, Malou Airaudo. Dal 1988 al 1991 danza al Théâtre de la Mannaie di Bruxelles con Mark Morris, fondando contemporaneamente nel 1990 il suo primo gruppo, la compagnia Josch. Con questa formazione gira per tutta Europa, presentando le creazioni, Der Tod und das Mädchen, Stranger that Picnic, Shoulder to Shoulder. Il suo primo impegno alla direzione di una compagnia di danza legata a un teatro risale al ’91, anno nel quale viene chiamato alla testa del Balletto del Teatro di Ulm, in Germania. E’ in questa sede che Schlömer comincia ad approfondire la sua riflessione sul rapporto tra musica e coreografia, firmando creazioni su partiture di John Cage, Altfred Schnittke, Iannis Xenakis, Franz Schubert. Prolifico e puntuale nel suo approccio alla danza e alla composizione, Schlömer ha ballato da ospite nella Sagra della primavera di Pina Bausch – esperienza che lo ha segnato a fondo e in seguito alla quale ha dichiarato che non coreograferà mai quella partitura di Stravinsky – ma è stato invitato da Michail Baryshnikov a firmare ben tre creazioni per lo White Oak Dance Project, Behind White Lilies (’93) e Blue Heron (‘94), visti entrambi anche in Italia, e Still Nacht (’96). Nel ’94 assume un nuovo e stimolante impegno: la direzione della nuova sezione di teatrodanza del Teatro Nazionale di Weimar. Attualmente vive in Svizzera, dove dal ’96 dirige il gruppo di teatrodanza del Teatro di Basilea. Tra i suoi ultimi lavori, la messa in scena e la coreografia dell’Orfeo e Euridice di Gluck; la collaborazione al prestigioso festival di Salisburgo con un maestro della regia d’opera come Peter Sellars per Le Grand Macabre di Lieti; la felice nuova versione di Petrouchka,presentata con il Ballet National di Lione di Yorgos Loukos insieme al Concerto per pianoforte e strumenti a fiato, sempre di Stravinsky. Curriculum non da poco per un coreografo che non ha ancora toccato i quarant’anni: Schlömer del resto si distingue da molti autori a lui coetanei, per una spiccata passione e cultura musicale che gli permette un approccio compositivo rigoroso, di cui la Serata Stravinsky montata il giugno scorso a Lione è esempio lampante. Nello stesso tempo Schlömer ama ritagliarsi nel narrato zone ricche di fantasia e di inquietudine grazie alle quali la sua danza ineccepibile sotto il profilo formale si connota di un’espressività sotterranea e raramente scontata. Hochland oder der Nachhall der Steine, creazione firmata per Weimar nel ’95, risponde all’alchimia sopra descritta, concretizzandosi visivamente in uno spettacolo giudicato in Germani come una sorta di affascinante quanto misterioso giornale di viaggio.