Gli anni di piombo rivisti attraverso la vicenda di Chiara, brigatista coinvolta nel rapimento Moro; una ragazza che fatica a conciliare la lotta armata con la vita di tutti i giorni, fatta di lavoro, fidanzato e relazioni comuni. Bellocchio getta il proprio sguardo attento su quello che per 25 anni l’Italia non ha potuto vedere. Buongiorno, notte ci racconta forse molto di più sull’oggi che su quel particolare momento della nostra storia. Con le sue sfilate di politici, ripresi dai servizi televisivi dell’epoca, con i suoi cenni di televisione-spazzatura (che proprio in quegli anni cominciò a rodere i nostri cervelli), e soprattutto con la sua privata ostinazione, con il suo “fuori” angosciante e minaccioso, descrive i germi che si sono insinuati nella nostra realtà e indica con chiarezza chi li ha seminati. La soluzione? Una fuga nel sogno, un mondo sospeso tra realtà e irrealtà. Più che un film, un riuscitissimo azzardo che “riesce a compattare meravigliosamente Realtà e Finzione, Vita e Sogno, a coniugare perfettamente (Grande) Storia e Intimismo, a mantenere in equilibrio Visionarietà e Istanza Realistica”.
Nato e cresciuto a Bobbio, Marco Bellocchio frequenta in giovane età il Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Il suo primo film, I pugni in tasca (1965), è uno degli esordi più maturi e sfrontati della storia del cinema italiano. Dopo La Cina è vicina (1967), film slogan sulla borghesia italiana, gira tra gli altri Sbatti il mostro in prima pagina (1972), amara riflessione sul giornalismo. Regista tra i più impegnati politicamente, denuncia i soprusi delle istituzioni (Nel nome del padre, 1972, Matti da slegare, 1975, Marcia trionfale, 1976) alternando il documentario al cinema di finzione. Con a fianco lo psicanalista Massimo Fagioli gira Il diavolo in corpo (1986), inaugurando un prolungato percorso cinematografico lungo le rotte dell’inconscio. Nel 1997 porta sullo schermo un testo di Heinrich von Kleist, Il principe di Homburg con cui riscuote un grande successo di critica e di pubblico, riconfermandosi regista lucido, rigoroso e appassionato. Confermato il successo con una trasposizione cinematografica pirandelliana (La balia, 1999), volge la sua attenzione ai dilemmi del presente e della storia recente (L’ora di religione, 2002, Buongiorno, notte, 2003, Il regista di matrimoni, 2006). Unico italiano in concorso, nel 2009 partecipa al festival di Cannes con Vincere, ottenendo grandi apprezzamenti dalla critica internazionale. All’ultimo festival di Venezia ha presentato Sorelle mai, film in sei episodi di ambientazione familiare.