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05/05/2008 - 20:00

Piazza del Polo Museale

Fata Morgana

Mouse On Mars, Fata Morgana

Nati dal sodalizio tra Andi Toma e Jan St. Werner, i Mouse on Mars rappresentano da oltre quindici anni la nuova strada dell’elettronica tedesca. Certo non stupisce che proprio dalla Germania sia scaturita questa interessantissima esperienza musicale vista la grande tradizione formatasi negli anni ’70 con nomi come Kraftwerk, Faust, Can e Neu!
Il duo di Colonia – cui poi si è aggiunto il batterista Dodo Nkishi – ha saputo convivere con quella che poteva dimostrarsi un’eredità quasi opprimente e imprimere una svolta decisiva alle produzioni electro spingendole lungo percorsi fatti di contaminazione globale e dialogo tra stili e tradizioni. Ne sono scaturiti suoni, creazioni e lavori che, osservati ora, col senno di poi, hanno contribuito non poco a spostare il baricentro dell’elettronica nuovamente verso coordinate geografiche dal forte sapore teutonico ma allo stesso tempo ibride. Dal debutto con l’ep Frosch e l’album Vulvaland (1994) nel quale si incontravano techno, kraut rock, psichedelia si sono succeduti dieci album e numerosi remix tutti caratterizzati dalla capacità dei Mouse on Mars di sovvertire le attese. Alle iniziali forme eterogenee seguono le architetture di Iaora Tahiti (1995), l’inventiva di Autoditacker (1997) tra melodia, rumori, giochi di suoni, il pop/folk di Niun Niggung (1999), la raffinatezza di Idiology e infine le forti tinte sperimentali di Varcharz (2006).
La sigla MOM è sinonimo di incontro tra tempi, scene musicali ma anche linguaggi creativi diversi. Non a caso già nel 1998 sono chiamati dal regista americano Josh Evans per realizzare una colonna sonora e danno vita a Glam ma soprattutto iniziano una serie di collaborazioni trasversali che rendono ancor più interessante e denso di attese il recupero di suoni e immagini.

Fata Morgana

Werner Herzog, Germania 1971

Ispirato al testo sacro di una tribù guatemalteca e diviso in tre movimenti (La creazione, Il paradiso, L’età dell’oro), il secondo lungometraggio di Herzog (non ancora trentenne e con una felicità di sguardo già prodigiosa) è un intenso viaggio alla ricerca di ciò che sta al di là della realtà. Nato come film di fantascienza, si è presto trasformato in un documentario lirico filosofico sui rapporti tra uomo, dio e natura. Mentre la macchina da presa sorvola dolente deserti, villaggi e lagune, scorrono carcasse di animali, vite dimenticate e tecnologie implose. “Molto semplicemente”, ha dichiarato Herzog, “questo film è un’apertura totale degli occhi, delle orecchie e di tutto il corpo per guardare meglio attraverso le cose”. L’incedere è estatico, il piacere per lo spettatore è totale.