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06/09/1991 - 19:00

Teatro Zandonai

Facing North

Dagli anni ’60 ad oggi Meredith Monk ha sperimentato di tutto nel campo delle arti dello spettacolo. Musicista, cantante, regista e coreografa, l’artista ha confermato uno stile di composizione non canonico, in cui la separazione tra i generi è superata in vista di una teatralità totale, complessa e metaforica. 
Da bambina studia euritmia e teoria musicale, iniziando a comporre musica verso i sedici anni. Diplomatasi al Sarah Lawrence College di New York nel ’64 inizia a partecipare a happenings e spettacoli Off-Broadway. Siamo negli anni dell’era judsonina, della quale la Monk fa parte, anche se sviluppa in un’altra linea le indagini analitiche e geometriche del movimento tipiche di quel periodo. E’ comunque assimilabile a quel contesto il particolare atteggiamento creativo, volto alla ricerca di un nuovo modo di concepire la danza e l'azione teatrale. 
Va inoltre detto che l’oggetto quotidiano, introdotto nella performance, è usato in senso simbolico e metaforico. D’altra parte il contesto visivo e sonoro degli spettacoli trae spesso origine dalla “memoria”, fonte di elezione in cui recuperare il senso del gesto originario. Il danzatore si esprime attraverso una drammaturgia del corpo nella quale il testo praticamente scompare mentre la voce, intesa come movimento archetipo, viene usata come sonorità pura. 
Se le prime composizioni della Monk sono ancora circoscritte alla danza (si pensi a “Timestop” o “Break” del ’64), già con l’assolo “16 Millimeter Earrings” del ’66 la futura dimensione “espressiva” della teatralità dell’artista si preannuncia più chiaramente. Dal ’67 prende il via la creazione di opere complesse da presentare in spazi particolari, basti citare “Juice”, “cantata teatrale” del ’69 concepita per tre diverse situazioni: il Guggenheim Museum, il Minor Latham Playhouse al Barnard College, il loft della Monk. Intanto nel ’68 è stata fondata “The House”, la Compagnia di Meredith dedita all’approccio interdisciplinare allo spettacolo. 
Sempre più interessata a sperimentazioni a largo spettro, la Monk crea nel ’73 “Education of a Girlchild”, percorso autobiografico della memoria, la cui versione finale, interpretata da un cast numeroso, appartiene alle cosiddette opere “epiche” dell’artista. Gli spettacoli acquistano via via una dimensione rituale estremamente significativa, definendosi in una teatralità multimediale sempre più completa: pensiamo al successivo “Quarry” del ’76, una delle migliori opere teatrali e musica della Monk. In questi anni le attività si sono moltiplicate: concerti, creazioni a livello operistico, come l’appena citata “Quarry”, produzione di dischi e film. Nel ’78 viene fondato il Meredith Monk and Vocal Ensemble. 
Tra i lavori più celebri dell’artista “Recent Ruins” (’79), “Specimen Days: a Civil War Opera” (’81) “Turtle Dreams” (’83) “The Games” (’83), il film “Book of Days” (’88), “Atlas: an Opera in Three Parts” (’91). 
A Rovereto la Monk presenta “Facing North”, un duetto nato nel ’90 in collaborazione con Robert Een, compositore, performer, cantante e violoncellista. Esploratori di paesaggi fuori dal tempo, i due personaggi agiscono in uno spazio innevato e irreale. I gesti sono minimi e semplici: si mettono e si tolgono guanti e cappelli, si fronteggiano con in bocca delle armoniche, cantano. “Facing North” rimanda alla dimensione essenziale ed intima di una vita ormai dispersa.