In sintonia con una concezione della danza allergica alla separazione tra i generi, i coreografi più curiosi degli anni ’90 nutrono la loro ricerca sul corpo con una filosofia del movimento che indaga i perché della danza, attingendo con massima libertà da scuole e tecniche d’origine dissimile. Lo scopo non è un assemblaggio di stili fine a se stesso, ma la consapevolezza di poter riflettere sul corpo, forti di un bagaglio culturale ad ampio spettro, quindi foriero di stimoli ed idee. Russell Maliphant, giovane nome della coreografia contemporanea inglese, ha iniziato a firmare creazioni nel ’91. Gli esordi della formazione del giovane Russell sono tra i più canonici: a dieci anni Maliphant entra nella Scuola del Royal Ballet. Nell’81 ottiene il suo primo ingaggio nel Sadler’s Wells Royal Ballet. Dopo aver danzato per sette anni con la Compagnia di giro Dance Advance, Maliphant cambia registro: lavora con Lloyd Newson e i DV8, con la Michael Clarl & Co. Laurie Booth, Rosemary Butcher, Kirsty Simpson. Come ha raccontato recentemente in un’intervista sul suo lavoro, pubblicata da Ballett Internazional/Tanz Aktuelle, il suo processo di emancipazione da danzatore a coreografo cominciò con i DV8, con i quali scoprì una predilezione per le figure angolari e ritorte. Da allora il Tai Chi, la capoeira, lo yoga, il Rolfing Method, persino lo studio della scultura, divennero le basi per mettere a punto uno stile mirato al raggiungimento di una “consapevolezza cinestetica”: ovvero imparare ad ascoltare il corpo per capire quando spingere il pezzo in un nuovo movimento. Interessato ad indagare i possibili rapporti tra danza, luce e suono, Maliphant ha dedicato a questa tematica già due dei suoi ultimi lavori, il duo Unspoken e il nuovo trio Decoy Landscape. Entrambi i pezzi si avvalgono dei disegni luce di Michael Hulls, artista con all’attivo una significativa collaborazione con Laurie Booth (coreografo tra l’altro ospitato da Oriente Occidente nel 1987). Decoy Landscape, danzato su musica originale di Andy Cotton dallo stesso Makiphant in coppia con due danzatrici, apre con i tre corpi degli interpreti intrecciati in un’unica figura: sorta di “forma” in movimento che fa perno sulle valenze scultoree di una coreografia di contatto. Quando i tre danzatori si allontanano, a balzare in rilievo è la presenza di un’energia circolare raccontata attraverso una danza concentrata sulle possibilità del movimento più che sui danzatori. Ad essere interpreti chiave di questo fluire dinamico sono braccia e gomiti dalle sequenze in torsione, gambe forti e busti che rimandano impulsi al resto del corpo: il tutto impaginato in un processo di strutturazione e destrutturazione coreografica dal periodare ininterrotto.