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03/09/1994 - 21:00

Teatro Zandonai

Danze orientali egiziane

Seduzioni dal sapore d’Oriente. Questo il clic del percorso tra Maghreb, Egitto  e Occidente di Djamila Henni-Chebra, algerina trapiantata dall’età di due anni a Villeneuve-Saint-Georges in Francia, legata al suo mondo di origine da un bisogno viscerale di recuperare a se stessa la memoria del proprio passato. 
Anno 1973: Djamila Henni-Chebra entra in contatto con l’Associazione Europea degli Algerini, tramite la quale  inizia a frequentare dei corsi di danze folcloristiche del suo paese. Partecipa in questo ambito ai primi spettacoli, esordio che funge da stimolo verso una formazione della danza di più ampio respiro. Djamila si tuffa a capofitto nello studio delle tecniche appartenenti all’Occidente , suo mondo d’adozione. Studia classico con Yves Cassati, Joëlle Mazet, Monique Mallo, Huguette Massin; jazz secondo il metodo Matt Mattox; modern con Russillo e Peter Goss, perfezionandosi in tecnica Graham alla Lambert School londinese. 
Anno 1983: Djamila firma le sue prime coreografie e dalle sempre più frequenti inflessioni arabeggianti è subito chiaro che, al di là della formazione occidentale, saranno altre le scelte future della danzatrice algerina. Da lì a un anno nasce la Compagnie danse Arabesque e da lì a poco Djamila Henni-Chebra abbraccia un tipo di spettacolo che la riporta dritta alle sue terre. Non lascia la Francia, ma dall’’88 inizia  a viaggiare tra Egitto e Maghreb alla scoperta delle danze tradizionali di Algeria, Tunisia ed Egitto. Il Cairo è la sua meta prediletta degli anni ’90, patria dei maestri della cosiddetta danza orientale egiziana di oggi: Mahmmoud Réda (fondatore del gruppo Réda, uno dei più conosciuti ensemble di danze folcloriche egiziane), Ibrahim Akef (della famiglia del circo Akef, autore di numerosissimi spettacoli di cabaret e di interventi danzati per il cinema egiziano), Raqia Hassan (esperto dello stile “baladi”). 
Sovvenzionata dal FAS, Djamila Henni-Chebra inizia ad invitare, anno dopo anno, un danzatore-coreografo proveniente dal Maghreb o dall’Egitto a lavorare e a firmare uno spettacolo per il gruppo Arabesque. 
Insieme a Leïla  Haddad, già ospite l’anno scorso di Oriente Occidente, Djamila Henni-Chebra si è meritata in Francia l’appellativo di artista “militante”. 
Entrambe si battono per il riconoscimento del valore della danza del ventre, danza di cui sostengono l’origine orientale (proverrebbe dall’India) e sacra, legata al culto della dea madre e ai riti della fertilità.  I movimenti ondulatori del ventre sarebbero segno di una gestualità pervasa di simbolismi cosmici, che riconciliano la donna con la propria fertilità, celebrando e sacralizzando il potere generativo della maternità. <lo spettacolo in scena a Oriente Occidente mette a confronto diverse varianti del repertorio musicale e coreografico della danza orientale egiziana praticata oggi al Cairo. Un repertorio che principalmente fa perno sullo stile “Sharqi”, sviluppato sul più popolare “baladi”, sullo stile “Saidi” (Alto-Egitto) e sulla danza della regione d’Alessandria. Con un accento speciale su quella comunicazione tra danzatrice e pubblico, che per Djamila Henni-Chebra è l’unico modo per infondere nuovamente vita alla danza orientale. Per ridare dignità alla danza del ventre Leïla Haddad sostiene che non vada più praticata nei cabaret. Per Djamila invece sono quelli i luoghi da cui partire per ridare il giusto senso a questa danza celebrativa della femminilità. “La danza orientale – afferma Djamila – può rigenerarsi soltanto nei cabaret, con la ballerina che ipnotizza pubblico e orchestra”. Un contatto che la danzatrice algerina ricerca naturalmente anche in teatro.