La panoramica di “nouvelle danse” francese offerta quest’anno dal Festival di Rovereto intende riunire alcune delle facce più recenti di questo fenomeno, azzardando una serie di nomi in gran parte inediti per il pubblico italiano, e spesso di “seconda generazione” rispetto alla prima grande ondata di sperimentazione coreografica esplosa in Francia alla fine degli anni ’70 ( e i massimi esponenti di quella ondata, tre anni fa, furono presentati in un’edizione del Festival tutta dedicata alla Francia).
La selezione ha tenuto conto, più che delle analogie, delle differenze: per tentare di dimostrare la stimolante disomogeneità di questa tendenza e la varietà degli influssi stilistici a cui è stata soggetta.
La coreografa Sidonie Rochon ha una formazione “doppia”: tecnica Cunningham e scuola di Hideyuki Yano, un maestro giapponese che ha molto lavorato a Parigi. La Ronchon è una autrice intensa, che tende un mondo di immagini forti e molto mentali, originate da un universo energicamente femminile. Les traits tirés è un duetto che vuole evocare quello stato di “bianca chiaroveggenza” che si sviluppa nelle notti d’insonnia, quello strano “abbandono interiore” che si produce nell’attesa del sonno.
Alain Buffard e Dominique Brunet, vincitori di un premio speciale della giuria al Concorso Internazionale di Parigi (gennaio ’87), sono due danzatori della Compagnia Astrakan diretta da Daniel Larrieu: uno stile di danza lieve, imprevedibile, iconoclasta, disimpegnato, spesso sottilmente umoristico. Una danza che ama i travestimenti post-moderni e che riflette un gusto tipicamente francese e molto “à la mode”.
Jean Gaudin, coreografo già noto al pubblico italiano, è un attore eccentrico: la sua danza “racconta” tra delirio e demistificazione, violenza e comicità, estasi tenebrosa e buffi gesti nervosi, emozioni dolorose e gags dissacranti.