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Auditorium Melotti, Rovereto

Cinica è la notte

Maratona notturna alla riscoperta dei leggendari episodi di Cinico Tv

Quello di Ciprì e Maresco sull’Italia degli anni Novanta, decennio chiave di un mutamento culturale, è stato uno sguardo “abissale” (Enrico Ghezzi), una lunga panoramica impassibile e feroce, capace di fare ridere in un modo disturbante e nuovo. La serie andò in onda su Rai 3, per essere poi fatta circolare in frammenti, negli anni successivi, da Fuori orario e Blob. Serie amata o detestata, capace di muovere accese repulsioni e altrettanto accesi dibattiti intellettuali: sul trash, sull’estetica del brutto, sul postmoderno, il poststorico, la fine dell’umano. Palermo, Italia: un bianco e nero ricercato e carico di nubi confligge con i corpi sbracati, con lo squallore di un universo popolato da personaggi borderline, ovvero oltre ogni limite del visibile ordinario. Era il mondo storto del ciclista Francesco Tirone, del petomane Giuseppe Paviglianiti, del cantante fallito Giovanni Lo Giudice, delle ‘schifezze umane’ Carlo e Pietro Giordano, dell’afasico uomo in mutande Miranda, dell’occhialuto Giuseppe Filangeri...

Daniele Ciprì: Nasce a Palermo nell’agosto del 1962. In coppia con Franco Maresco realizza a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 la serie Cinico Tv, programmata sulla terza rete Rai. Sono brevi film trancianti, che fanno deflagrare l’immagine di un’umanità deforme e fiaccata, brancolante in un paesaggio di relitti sbrecciati, plaghe desolate, cieli abbaglianti, silenzi e solitudine. Ne emerge un quadro di cruda pietà che si allarga ben oltre le periferie palermitane in cui vengono realizzate le riprese e che si fa metafora di una deriva antropologica nascosta dietro le quinte della società contemporanea. Sulla medesima cifra grottesco-surreale, venata di riferimenti all’avanguardia storica, Ciprì realizza, sempre a quattro mani con Maresco, ma curando in particolare la fotografia, il lungometraggio Lo zio di Brooklyn (1995), Totò che visse due volte (1998), Il ritorno di Cagliostro (2003) e Come inguaiammo il cinema italiano (2004). Come direttore della fotografia lavora anche ai film di Roberta Torre (Tano da morire, Sud Side Story, Mare nero), Marco Bellocchio (Vincere) e Ascanio Celestini (La pecora nera). Ha da poco finito le riprese del suo prossimo lungometraggio, È stato il figlio.