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04/10/1982 - 20:00

Teatro Zandonai

Arti marziali indiane

Il Kalarippayat è un’antica tradizione marziale del Kerala. 
Ancora al giorno d’oggi è riconosciuto come un superbo sistema di autodifesa e come disciplina fisica. 
Le sue origini risalgono al dio Parashurama, il leggendario fondatore della regione del Kerala. 
Storicamente il Kalarippayat, così come praticato oggi, fece la sua apparizione fra il XII e il XIV secolo e raggiunse il massimo della gloria fra il XV e il XVII secolo. 
Recenti ricerche hanno rilevato che questi arti marziali ebbero una profonda influenza sulle forme e l’evoluzione di tutte le arti dello spettacolo del Kerala, in particolare Kathakali. 
Ancora oggi, il Kalarippayat è praticato nelle sue forme tradizionali in un Kalari e sotto la sorveglianza e la direzione di un Gurukal, cioè di un maestro. 
“Kalari” significa, infatti, ginnasio e “Payat” arte del combattimento. 
Il Maippayat, o esercizio di controllo del corpo, è la prima tappa dell’insegnamento, che inizia con esercizi sulle gambe, con i passi, le mosse, i salti, le rotazioni e le torsioni del corpo, e termina con una combinazione di tutti questi elementi: una sequenza ben strutturata costituisce appunto Maippayat. 
Si susseguono dodici sequenze di questo tipo, ciascuna aumentando in complessività e difficoltà. 
La pratica giornaliera di questi esercizi assicura la condizione fisica nonché una predisposizione all’arte della guerra. 
Dopo aver acquisito un’esperienze apprezzabile del Maippayat, l’allievo affronta l’arte di amneggire le armi. Queste sono: il kettukari, il Cheruvati, l’Otta, la Daga, la Spada e lo Scudo, la Lancia e infine l’Urumi. 
Il Kettukari è una semplice canna di bambù piuttosto sottile e molto lunga (circa due metri). I colpi sono portati sulle differenti parti del corpo e parati con questa arma; a questo fine si utilizzano abilmente le due estremità. 
Il Cheruvati è un bastone solido e massiccio, piuttosto corto. I colpi vengono scambiati e parati in successione rapida, qualche volta alla velocità di cento colpi al minuto. Il Cheruvati è utilizzato molto bene sia per l’attacco che per la difesa. 
La Daga è impiegata allo stesso modo per l’attacco e per la difesa. Una grande abilità, rapidità e vivacità di movimento sono necessari per l’utilizzazione di quest’arma. Il combattimento si svolge per la maggior parte del tempo nel corpo a corpo e la minima disattenzione può causare serie ferite. 
La Spada e lo Scudo non hanno bisogno di essere presentati. Quando un allievo è in grado di saperli usare con maestria, può pretendere di essere ad un alto livello nell’arte del Kalarippayat. 
La Lancia è utilizzata per scambiare colpi e spinte ed è particolarmente efficace per tenere l’assalitore a distanza. Le sue estremità della Lancia sono utilizzate per attaccare e parare. 
La Lancia e la Spada: si tratta in questo caso di una combinazione di due differenti tipi di armi che richiedono attitudini tecniche specifiche; ci sono due avversari. Uno utilizza la Lancia, l’altro la Spada e lo Scudo. Il combattimento è difficile nelle sue diverse fasi ma molto spettacolare. 
L’Urumi è una spada lunga e flessibile che può essere portata attorno alla vita come una cintura. Una grande prontezza di movimento è necessaria per l’uso dell’Urimi e la sua efficacia è ancora più sicura quando gli avversari sono numerosi e ben armati. 
È un’arma particolarmente pericolosa e anche una semplice dimostrazione può provocare delle ferite. 
L’Otta è un’arma di legno con una curvatura speciale e l’impugnatura a una delle estremità; l’altra si assottiglia e termina con una piccola mazza. Più che un’arma, l’Otta è uno strumento riservato ai più alti rappresentanti del Kalarippayat. I colpi hanno come obiettivo le parti vitali del corpo: mentre tutte le altre armi comportano ciascuna dodici sequenze, l’Otta ne garantisce 18. L’uso di questa arma esige agilità, resistenza, velocità ma anche accortezza. 
Colui che in possesso di questa tecnica può essere considerato un maestro nell’arte del combattimento senza armi. 
Strisciando come un serpente o balzando come un leopardo può difendersi, disarmare, ferire e anche uccidere il suo avversario. 
Secondo gli studiosi, il Karaté, lo Judo e altri tipi di arti marziali avrebbero come origine le grande arte del Kalarippayat che, introdotto dal Buddismo nella altre regioni nell’Asia, sarebbe in seguito evoluto verso le tecniche marziali che noi conosciamo. 
C.N. Aravindakshan Nair