Nel corso dei viaggi, i mezzi leggeri del cinema di Pippo Delbono catturano momenti unici, incontri ordinari o straordinari. Da una camera d’albergo a Parigi ad un’altra a Budapest, da Istanbul a Bucarest, i percorsi intrecciano un tessuto del mondo contemporaneo. I suoi testimoni, alcuni famosi, altri no, dicono o danzano la loro visione dell’universo. Gli incontri (con sua madre, gli amici, gli estranei) sono altrettante immagini del mondo di ieri, di oggi, di domani. Un mondo che qualcuno racconta attraverso la musica (come il compositore e violinista Alexander Balanescu) o il gesto (come Marie-Agnès Gillot, danzatrice Étoile de l’Opéra di Parigi), oppure attraverso le parole (come l’attrice Irène Jacob) o il silenzio (come Bobò, lo storico attore sordomuto di Delbono, come l’artista Sophie Calle o l’attrice Marisa Berenson). A volte la cinepresa agisce di nascosto. A volte riprende gli attimi che precedono una catastrofe – come il terremoto de L’Aquila. Oppure il dopo, come a Birkenau. Attimi irripetibili e autentici, che gli occhi di Pippo Delbono guardano camminando. Poi si fermano, rallentano, cercano, sono insicuri, scoprono. Da un’immagine all’altra, da un testo all’altro, da uno spazio all’altro, la camera ci parla dell’amore. Della poesia. E della carne. Con ciò che comporta di passione, ombra, dolore, tragedia e umorismo.
Pippo Delbono, autore, attore, regista, nasce a Varazze nel 1959. Negli anni ’80 inizia gli studi di arte drammatica in una scuola tradizionale che lascia in seguito all’incontro con Pepe Robledo, un attore argentino proveniente dal Libre Teatro Libre (formazione teatrale attiva in Sud America negli anni ’70 che utilizzava la creazione collettiva come mezzo di espressione e di denuncia della dittatura in Argentina). Insieme si trasferiscono in Danimarca e si uniscono al gruppo Farfa, diretto da Iben Nagel Rasmussen, attrice storica dell’Odin Teatret e per Delbono inizia un percorso alternativo alla ricerca di un nuovo linguaggio teatrale. Delbono si dedica allo studio dei principi del teatro orientale che approfondisce nei successivi soggiorni in India, Cina, Bali, dove fulcro centrale è un lavoro minuzioso e rigoroso dell’attore sul corpo e la voce. Nel 1987 crea il suo primo spettacolo, Il tempo degli assassini e nello stesso anno incontra Pina Bausch che lo invita a partecipare a uno dei lavori del suo Wuppertaler Tanztheater. Questa straordinaria occasione segna una tappa fondamentale nel percorso artistico del regista. Gli spettacoli di Delbono non sono allestimenti di testi teatrali ma creazioni totali, gli attori sono parte di un nucleo che si mantiene e cresce nel tempo. Già nella prima opera si definiscono i tratti di un lessico teatrale unico che rappresenta la peculiarità di tutte le creazioni seguenti.