DANZA E

Creature Selvagge. Lo spettacolo | ph Andrea Santantonio
La prima uscita della rubrica DANZA E, sulla danza in relazione alle altre arti e discipline

Da sempre strumento di comunicazione espressione per l'essere umano, la danza - già dall'antica Grecia - era considerata una possibilità per la formazione e l'educazione.

Platone, per primo, dedica un buon numero di pagine nelle Leggi descrivendo come il movimento, che si concretizza nell’esercizio atletico e nella danza, supporta il coraggio nei giovani, conferisce forza al corpo, resistenza e agilità.

In tempi moderni, una delle pioniere di questo pensiero è Margaret Newell H'Doubler, considerata a pieno titolo la madre della Dance education. Nata nel 1889 e dopo essersi formata prima all'Università del Wisconsin e in seguito il Columbia University Teachers College, Margaret Newell H'Doubler inizia a insegnare danza nel 1917 portando avanti una ricerca personale su come “la danza sia un tassello fondamentale per auspicare la formazione completa di ogni individuo”.

Nel 1921 scrive Manual of Dancing: Suggestions and Bibliography for the Teacher of Dancing e nello stesso anno partecipa all'apertura del primo percorso universitario dedicato alla danza dell'Università del Wisconsin.

Le potenzialità educative della danza e del teatro oggi sono chiare a molte educatrici e pedagogisti che sostengono che l’introduzione nelle scuole di queste discipline sarebbe un'innovazione di grande impatto sulla formazione di ragazzi e ragazze.

Non è la prima che accade, ma ultimamente siamo entrati in contatto in modo profondo con questi temi grazie al progetto Creature Selvagge, il laboratorio di arti performative rivolto a ragazzi e ragazze adolescenti che ci ha messo di fronte a molte domande sulle quali ci siamo confrontati e confrontate con realtà e scuole del territorio che con questioni educative e pedagogiche si misurano quotidianamente.

La Dirigente dell’Istituto di Formazione Professionale “Sandro Pertini” di Trento, Maria Rita Magistro, sostiene con convinzione che le pratiche artistiche e performative sono strumenti preziosi per la crescita: «I ragazzi parlano molto con il corpo e a volte lo usano in modo inconsapevole: il teatro andrebbe praticato e insegnato nelle scuole dando valore alle capacità espressive che si possono apprendere per esprimere le proprie emozioni e sentimenti».

Magistro è stata infatti una delle prime dirigenti scolastiche a dare spazio alla comunicazione della possibilità per ragazzi e ragazze di partecipare al laboratorio di arti performative ma anche a coinvolgere studenti della sua scuola nella creazione delle scenografie e nel curare trucco e acconciature dei giovani in scena: «Abbiamo accolto con entusiasmo la proposta di coinvolgere gli studenti della scuola per partecipare al laboratorio teatrale - prosegue - perché per molti di loro, soprattutto per i ragazzi più timidi e riservati o addirittura a rischio di chiusura sociale, potesse essere un modo per conoscere coetanei e sperimentare nuove forme di socialità. La pratica teatrale - conclude - ha risorse educative che possono portare ad una conoscenza personale profonda e a trovare un canale di comunicazione intimo e diretto».