Futuro Presente è una sigla quanto mai applicabile a un mondo d’autore che nel suo fervido umanesimo si dimostra attento ai temi politici e sociali del presente, ma che appare anche sospinto da una bruciante curiosità d’indagine proiettata verso il futuro, sia sul piano dell’esplorazione spregiudicata dei contenuti, sia su quello della sperimentazione libera e avveniristica dei linguaggi. Danza, musica, teatro, cinema, scrittura, drammaturgia, espressività del gesto e della voce: la ricerca di Delbono viaggia connettendo e intrecciando codici e segni. Il tutto non prescinde mai da un rapporto intenso col reale, in un tessuto complessivo di sollecitazioni e interrogativi che illumina la centralità del corpo sulla scena, facendone il motore di una poetica originale.
Il corpo, infatti, è il propulsore “sensibile” del suo teatro, sia che si tratti di un corpo allenato o tecnicamente addestrato, ovvero del “normale” corpo di un attore o di un danzatore (molti sono i professionisti che lavorano nella sua troupe), sia che si abbia a che fare con un corpo “diverso” e colmo di verità difficili, non culturalmente educato ma comunicativo anche in quanto tale (Pippo ha accolto nella sua compagnia alcuni peculiari “naufraghi” dell’esistenza come il sordomuto Bobò e il down Gianluca, lavorando sull’innocenza e la forza emotiva del loro gesto e della loro presenza scenica). Nel teatro di Pippo, insomma, il corpo è un perno “sapienziale” corrispondente a una dimensione potentissima e fragile nella sua caducità, messaggera di vita e di morte. Come ci segnala in un bel testo sul teatrodanza il grande scrittore ungherese Peter Esterhazy, “chi parla del corpo parla della morte, e chi parla della morte parla contro la morte”. Perciò la danza “è sempre una disciplina disperata e a un tempo lieta”.
Lietamente disperato è pure il teatro umanissimo di Delbono, di cui l’attuale edizione di Futuro Presente vuol tracciare un ritratto attraverso una serie di capitoli sul corpo inquadrato secondo prospettive diverse. C’è un “corpo danzante” negli spettacoli di Pippo, che occupa sempre lo spazio della scena sulla base di un’implicita coreografia, intesa come architettura strutturale del pezzo. E c’è un “corpo teatrale”, in un’accezione più universalistica, che sonda il senso del teatro alle radici, e che ne mette in crisi le convenzioni più retoriche e stereotipate. Di questi e di altri corpi parleranno gli ospiti di Futuro Presente, esperti e specialisti di teatro e danza, ma anche filosofi, scrittori, politici e saggisti. La manifestazione vuol essere non solo un percorso “sul” peculiare mondo di Delbono, ma anche “attorno” alle problematiche che il suo lavoro affronta, assumendone le coordinate come un punto di avvio per un catalogo di riflessioni sul corpo, che sia “politico” o che sia “al femminile”, che sia guardato dentro gli schermi del cinema o all’interno delle arti della performance, che sia musicale oppure ripensato come quel “corpo in cerca di verità” che caratterizzò Pasolini soprattutto nel suo ultimo periodo, quello di Petrolio e di Salò, particolarmente caro a Delbono.
In un binario parallelo sono programmati gli esercizi della pratica di Pippo, tramite uno stage sulle sue tecniche performative e la messa in scena di due titoli del suo vasto repertorio: uno “storico”, Il tempo degli assassini, accanto al partner di sempre Pepe Robledo, e l’altro recentissimo, Dopo la battaglia. C’è poi tanto cinema a raccontarci il Delbono cineasta, non solo come regista, ma anche come interprete di film altrui. E una serata con il Balanescu Quartet, con cui Delbono ha collaborato molto, ci fa affacciare sul suo lavoro in ambito musicale. Visioni del corpo è un cammino nella particolarissima storia di Pippo Delbono e nei numerosi territori che con essa s’intersecano, in vista di una geografia che finirà ricordarci (è un obiettivo e una speranza) quanto quella sua storia riguardi profondamente anche la nostra.
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