Il cinema ha aperto fin dalle sue origini – indipendentemente dagli intenti dei suoi inventori e di chi lo ha frequentato a partire dalla fine dell’Ottocento considerandolo opportunità avventurosa per navigare nei territori magmatici e instabili della modernità – il lungo tormentato percorso che ha segnato la scomparsa di quella che è stata definita la galassia Gutenberg. Fino a quel momento (i dintorni del primo Novecento) la stampa aveva rappresentato il primo sistema comunicativo della società industriale, sviluppatasi producendo profondi cambiamenti sul versante culturale ed economico, sociale e personale. Un sistema che il dinamismo crescente che stava caratterizzando la nuova epoca del progresso trascinato dalla scienza e dalla tecnica rendeva sempre più insufficiente.
Le masse metropolitane che avevano abbandonato le campagne e che spesso migravano lasciandosi alle spalle antiche identità regionali e nazionali necessitavano di una cultura e di forme di comunicazione adeguate alle mutate condizioni, più in sintonia con le peculiarità della società che si stava configurando. Il cinema parve rispondere a questa esigenza e nello schermo le masse si riconobbero immediatamente, con le loro aspirazioni e i loro sogni. I teorici di quella che venne celebrata come la settima arte ragionarono in maniera lineare (erano tempi in cui si pensava al futuro come insieme di innovazioni che avrebbero ineluttabilmente riscattato gli esseri umani da tutte le miserie delle epoche precedenti) lungo varie direzioni.
Il cinema poteva essere la sintesi linguistica ed estetica di tutte le forme artistiche con cui le civiltà si erano fino a allora espresse, ma al contempo poteva indagare e documentare fisicamente la realtà con un occhio oggettivo, scientificamente più accurato e efficace. Il cinema era finalmente il mezzo tecnico che poteva pragmaticamente dare unità a quanto era nato nella pittura e nella letteratura, nella danza e nella musica, nell’architettura e nella scultura con specifiche differenti identità, che si erano consolidate nei secoli e che si erano frantumate nell’impatto con le ricorrenti sfide della contemporaneità. Sfide che avevano sconvolto le specificità delle singole forme d’arte e inaridito la loro capacità di proporre percorsi vitali di senso in base ai quali orientarsi nei territori di un presente che appariva sempre più fragile e inconsistente. L’attesa finalmente si era conclusa. Il cinema diveniva al contempo l’arte di tutte le arti e il creatore di una cultura per tutti che tutti potevano comprendere.
Come sappiamo questa convinzione ricca di ottimismo (come tante altre lungo il secolo breve) si è dimostrata semplicistica e fallace. Anche a causa dell’affermarsi di nuovi media i linguaggi si sono moltiplicati e differenziati. La ricerca di sintesi diverse ha evidenziato l’impossibilità di giungere a un’arte delle arti e a un linguaggio di tutti. Eppure gli intrecci e le contaminazioni continuano ad essere praticate, sperimentate, abbandonate, riesumate e rielaborate. Sono anzi divenute il modo di essere dell’estetica e delle culture delle contemporaneità. È una ricerca perenne al contempo influenzata dagli umori del momento; finalizzata a individuare qualche strumento efficace per districarsi in un presente complesso, labile e confuso, che di continuo esorcizza le prevedibili delusioni a cui andrà incontro quando si sforza di decifrare gli orizzonti del futuro: Futuro Presente. Festival delle arti contemporanee è sempre stato sostanzialmente un’affascinante esplorazione degli esiti di alcune di queste ricerche.
Il cinema lungo la sua storia ha dovuto riconsiderare le proprie ambizioni. Quando si è dovuto ammettere che era uno dei tanti possibili media della società moderna e che lo schermo della televisione lo avrebbe sostituito in alcune sue funzioni si è incominciato a parlare di crisi e
poi, con l’affermarsi dell’elettronica e della telefonia per e con le immagini dei loro schermi, di morte. Non solo, è parso a molti che le nuove tecnologie delle immagini avrebbero divorato il cinema e con esso i linguaggi che aveva cercato di fare propri offrendo loro una nuova possibilità. Ed invece per l’ennesima volta sta sviluppando una originale mutazione verso un futuro dai molteplici schermi di cui rappresenterà solo una parte. ConSCREEN. Gli schermi del futuro, con il lavoro a tutto campo (o meglio, a tutti schermi) di Greenaway, con il contributo di molti altri (cineasti, musicisti, studiosi) ci potremo avventurare in questo universo sicuramente ricco di sorprese, tappa successiva di un percorso iniziato cinque anni fa.
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